La svolta: non si governa senza donne | Giulia
Top

La svolta: non si governa senza donne

La sentenza del Consiglio di Stato sul caso-Lombardia segna un punto fermo. Ora niente sarà più come prima, in tutto il Paese. [Elisa Di Salvatore]

La svolta: non si governa senza donne
Preroll

Redazione Modifica articolo

26 Giugno 2012 - 01.25


ATF

Niente sarà più come prima e non solo in Lombardia.Questa è la svolta segnata dalla recentissima sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato la Giunta del “celeste” Formigoni perché viola nella composizione della Giunta il principio del riequilibrio di genere (affermato nello Statuto regionale) per la presenza, al tempo del primo ricorso al Tar, di una sola donna su 16 assessori.
“Questo pronunciamento è estremamente innovativo” – sottolinea l’Avv. Marilisa D’Amico (che insieme agli avvocati Massimo Clara, Cinzia Ammirati, Stefania
Leone e Lorenzo Platania, hanno seguito il ricorso delle Associazioni Articolo 51, Donneinquota, Udi e Uds) – “perché contiene principi mai finora completamente esplicitati: l’esercizio del potere politico soggiace ai principi del diritto, il principio del riequilibrio è un principio cogente e non derogabile per ragioni politiche (come chiarito anche dalla sentenza della Consulta n. 81 del 2012) e inoltre per la formazione degli esecutivi regionali tale principio debba intendersi come sostanziale approssimazione alla metà fra donne e uomini, vicino cioè al 50&50 per la realizzazione di una democrazia paritaria”.

Questa sentenza rappresenta un vero spartiacque destinata ad incidere profondamente sugli assetti futuri degli esecutivi delle amministrazioni pubbliche di tutto il Paese. Un’altra tappa fondamentale della rivoluzione gentile e silente che da anni le donne, tantissime, instancabili e tenaci conducono sui territori, come avvenuto in Lombardia e che i media non registrano né rendono visibili, se non nei momenti duri dello scontro politico, come la Piazza del 13 febbraio di Se Non Ora Quando, per ritornare poi nelle retrovie.

Erano tante prima e continuano ad esserci anche dopo inanellando un traguardo dietro l’altro: questa sentenza del massimo tribunale della Giustizia Amministrativa che da oggi vedrà comporre giunte paritarie di donne e uomini perché così prescrivono la Costituzione, le leggi nazionali e regionali e non sarà più lasciato alla discrezionalità del “potente” di turno, spruzzarle con un po’ di rosa per apparire politically correct; l’approvazione della legge sulle “Quote rosa nei CdA”; la doppia preferenza nella legge elettorale di comuni e province approvata alla Camera; la sentenza della Consulta a favore della legge 194; l’accoglimento della gran parte dei ricorsi al Tar (se ne contano 36) contro Giunte illegittime, ultimo il Comune di Assisi; la proposta di legge di iniziativa popolare per la doppia preferenza nella Regione Puglia; la diffusione delle petizioni, promossa dalla Conferenza dei Presidenti degli Organo Regionali di Parità, per l’introduzione della doppia preferenza nei sistemi elettorali delle Regioni e già avviata in Calabria, Umbria, Sardegna, Friuli, Veneto, Abruzzo, Molise, Basilicata, Veneto, Sicilia e Toscana.

Uno scenario in fermento dove giudici, magistrature, imprese, donne, movimenti e società civile si mostrano molto più avanti della politica, dei partiti e dei loro dirigenti preoccupati solo di mantenere l’ormai traballante status quo. Ma il tempo sta sfuggendo loro di mano. C’è chi cerca allora di correre ai ripari, come Bersani che, stretto nel cul de sac delle nomine Rai ha pensato di trovare sponda nelle associazioni della società civile e nelle donne di SNOQ per avere trasparenza, volti e nomi nuovi “non in odore” di lottizzazione partitica, dando di fatto legittimazione ufficiale e riconoscimento alla soggettività politica del movimento delle donne. C’è poi Di Pietro venuto a sostenere la improcrastinabile necessità del principio del 50&50 per una democrazia paritaria, ma anche Casini vuol essere della partita, divenuto sostenitore della “doppia preferenza” in una nuova legge elettorale che non può non includere a pieno titolo le donne. Nuovi paladini dei diritti delle donne e della necessità che non se ne può più fare a meno per la creazione di un Paese diverso da quello in cui abbiamo vissuto finora. Sarà vero? Lo scopriremo vivendo.

Native

Articoli correlati