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Tutte le bugie sul welfare aziendale

'C''è una serie di luoghi comuni da smontare, a partire dal fatto che "piace solo alle donne". Una ricerca McKinsey per ristabilire la verità. Di [Giuliana Gambuzza]'

Tutte le bugie sul welfare aziendale
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22 Maggio 2013 - 18.13


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L’asilo nido lo offre l’azienda. È la filosofia di una pratica – vecchia ma rispolverata con la crisi – che si chiama welfare aziendale. Dove non arriva lo Stato, arrivano le imprese. Con baby sitting, visite mediche e palestra. Ma anche lavanderia e un servizio di “portineria” che paga le bollette e prenota le analisi del sangue.

Smontiamo cinque luoghi comuni legati al welfare aziendale. La fonte è la ricerca di McKinsey & Company per l’associazione Valore D – 81 grandi imprese italiane e multinazionali a sostegno del talento femminile – che l’ha presentata durante il suo secondo Forum nazionale.

1) Il welfare aziendale piace solo alle donne.
Il desiderio non discrimina: vorrebbero che la loro impresa fornisse certi vantaggi il 35 percento degli uomini e il 37 percento delle donne. Le differenze, semmai, le crea l’età: a 20 anni la richiesta è di salva-tempo come poter fare la spesa in ufficio.
A 30, di asili nido e disbrigo pratiche, mentre dieci anni dopo cresce la domanda di sanità e banca delle ore, anche se tengono i congedi parentali. Dai 50 in su servono l’assistenza a domicilio e case di riposo per i genitori.

2) Alle aziende si chiedono soprattutto servizi di cura per i figli.
Vengono prima quelli destinati agli anziani. Quando ci sono, le imprese risparmiano oltre 1.300 euro a dipendente. Il motivo sono le assenze diminuite del 15 percento.

3) Ai papà non piace stare a casa con la prole.
Insieme all’assistenza per gli anziani, la possibilità anche per gli uomini di usare congedi parentali è considerata la più urgente.

4) Le mamme costano ai datori di lavoro.

Basta un asilo interno (o in convenzione) e le dipendenti si assentano 1,6 mesi in meno. E 1.200 euro per ognuna restano nelle casse aziendali.

5) Chi costruisce una famiglia dedica meno tempo al lavoro.
In presenza di un buon welfare aziendale, la disponibilità a lavorare addirittura aumenta di mezz’ora al giorno.

Dalla ricerca emerge che la conciliazione tra casa e lavoro – parola rifiutata da molti, ma non per questo fatto meno consistente – sta diventando sempre più un problema della persona, non di genere. Il prossimo passo: irrompere nell’agenda politica.

Ps: Il video qui sotto ci ricorda che, alla fine, solo la donna può allattare (e avere la nausea, partorire…): siamo arrivati al nocciolo duro del problema? O anche a questo si può replicare?

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