'Violenza contro le donne, in Molise ora c''è la legge ' | Giulia
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'Violenza contro le donne, in Molise ora c''è la legge '

'Votata all''unanimità, la legge regionale prevede centri antiviolenza, l''osservatorio e una linea telefonica gratuita. La regione potrà costituirsi parte civile. Di [Viviana Pizzi]'

'Violenza contro le donne, in Molise ora c''è la legge '
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4 Ottobre 2013 - 18.42


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‘Campobasso, 3 ott – Finalmente la regione Molise potrà costituirsi parte civile e ottenere denaro per costruire case rifugio per le donne violentate. E’ la conseguenza principale della legge regionale [b]Misure in materia di prevenzione e violenza di genere[/b] licenziata in quarta commissione e approvata definitivamente e all”unanimità in Consiglio regionale il primo ottobre. Un testo promosso dal consigliere regionale del Pdci, Salvatore Ciocca e firmato in primis dalle tre donne presenti in assise: Nunzia Lattanzio (Udeur), Patrizia Manzo (Movimento Cinque Stelle) e Angela Fusco Perrella (Pdl). Le firme sono arrivate anche dal presidente della Regione, Paolo Di Laura Frattura e dai consiglieri di ogni colore politico (Pd, Sel, Idv, Pdl, Rialzati Molise, Progetto Molise, Udeur, Pdci, Udc e Movimento Cinque Stelle). Vale la pena ricordare che, purtroppo anche in Molise si sono verificati casi di femminicidio, i più noti il duplice omicidio di Maria Carmela e Valentina Maiorano, ad opera del Mostro del Circeo Angelo Izzo, e il brutale delitto di Stefania Cancelliere, originaria di Isernia, uccisa a manganellate dall’ex marito oculista, a Legnano, nel milanese.

Veniamo ora al testo di legge. All’articolo 11 si legge: “La Regione ha facoltà di costituirsi parte civile in tutti i processi celebrati nel suo territorio aventi ad oggetto reati che presuppongono l’esercizio di condotte violente, anche di carattere morale ai danni delle donne e dei minori d’età. Le somme percepite a titolo di risarcimento sono destinate al perseguimento delle finalità di cui alla presente legge”. Un primo passo, dunque, importante, anche se per le costituzioni di parte civile ci vorranno dei protocolli d’intesa con le forze di polizia. E in una Regione dove un anno fa l’ultima casa di accoglienza era stata chiusa per mancanza di fondi e dove non è mai esistito un vero centro antiviolenza, questa è davvero una svolta che dovrebbe invogliare le donne vittime (il 93% non denuncia), a recarsi alla polizia e denunciare quanto hanno subìto.

Poi, cosa mai avvenuta prima, la regione aderisce alle raccomandazioni delle Nazioni Unite e dei programmi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in merito alle violenze. Riconosce che il reato è una violazione dei diritti umani, evidenzia che l’essere donna espone maggiormente a subire violenze, tutela e assicura sostegno alle donne e ai figli vittime di violenza, senza distinzione di stato civile (quindi anche alle conviventi non solo alle mogli) nazionalità, etnia, religione, orientamento sessuale, credo politico e condizione economica. Promuove nei confronti delle vittime, nel rispetto della riservatezza e dell’anonimato, interventi volti al recupero della loro inviolabilità, della libertà e di ogni altro diritto ivi inclusa l’autonomia. Contrasta inoltre ogni forma di violenza contro le donne esercitata sia in ambito familiare che extrafamiliare, compresi i matrimoni forzati, la tratta di donne e bambine, le mutilazioni genetiche e fisiche di ogni genere al fine di rimuovere le discriminazioni contro le donne. La Regione, insieme al tutore pubblico dei minori, alla rete regionale antiviolenza e alle associazioni con esperienza, “promuove e favorisce l’attivazione di centri antiviolenza, le dimore dei diritti di primo e secondo livello per donne vittime e loro figlie e figli minori”. Verrà attivata anche una linea regionale del programma nazionale di difesa (il numero è 1522), che servirà ad accogliere le vittime di violenza e a collaborare con l’Osservatorio dei fenomeni sociali promosso anch’esso dalla regione per ottimizzare la conoscenza del fenomeno.

I centri antiviolenza, che potranno “essere attivati da enti locali, singoli e associati, da persone fisiche, associazioni e organizzazioni coerenti con i principi della legge, svolgeranno funzioni di accoglienza, ascolto e sostegno telefonico”. Poi seguiranno colloqui preliminari ed incontri finalizzati all’individuazione dei bisogni di primo intervento. Nella terza fase ci saranno “colloqui orientativi per fornire affiancamento educativo, assistenza, consulenza legale e psicologica”. Seguite da “supporto esterno, qualora richiesto dalla donna, ed indirizzo per la fruizione dei servizi pubblici e privati”. Nel testo si legge ancora che sarà dato anche “supporto ai minori vittime di violenza diretta ed assistita; orientamento e inserimento nel mondo del lavoro; promozione di percorsi individuali per favorire il superamento delle difficoltà; ricerca raccolta e analisi dei dati relativi ad accoglienza ed ospitalità; formazione rivolta a tutti gli operatori coinvolti a vario titolo nell’azione di contrasto e di tutela delle donne e dei minori vittime di violenza; promozione, sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno in collaborazione con enti, istituzioni, associazioni e istituti scolastici ed universitari”. Naturalmente, si potranno rivolgere ai centri antiviolenza tutte le donne vittime e anche le figlie o i figli in caso di maltrattamento domestico e anche coloro che hanno subito violenza extrafamiliare.

Le dimore dei diritti sono invece studiate principalmente per allontanare la donna che ha subito violenza in famiglia sia come moglie che come figlia o convivente. I luoghi devono essere totalmente segreti per tutelare l’anonimato e la sicurezza di chi già ha subito troppe violenze nella propria vita. L’accesso alle dimore dei diritti è consentito a persone segnalate dai centri antiviolenza, dei pronto soccorso delle strutture ospedaliere, del medico di famiglia e dei servizi sociali territoriali, delle forze dell’ordine o dei privati cittadini. La loro attività sarà la seguente: sostegno ed accoglienza delle donne e dei figli in situazione di disagio a causa di maltrattamenti e violenza subite; presa in carico dei bisogni dei bambini testimoni di ogni forma di violenza; rafforzamento della solidarietà di genere per l’affermazione di una diversa cultura; promozione di iniziative utili a costruire nuovi spazi socio-culturali necessari al recupero della dignità, della libertà, e della individualità delle vittime per il recupero del sé.

Le dimore dei diritti di secondo livello sono invece strutture predisposte all’accoglienza temporanea di tutte le donne e delle loro figlie e figli minori, senza distinzione e discriminazione alcuna , che abbiano subito violenza di genere e che si trovino in situazione di pericoli imminenti di reiterazione degli episodi di abuso o maltrattamento. L’accesso è consentito su invio delle dimore dei diritti in raccordo con la rete dei servizi sociali sul territorio. Il soggiorno sarà gratuito per 180 giorni. Gratis anche l’assistenza a tutte le vittime proveniente dagli altri servizi che si verranno a creare. Per tutte le vittime accertate la Regione promuove adeguati interventi e adotta misure efficaci per agevolarne l’inserimento nel mondo del lavoro. Verranno coinvolti i sindacati, gli enti, la consigliera di parità regionale e le associazioni datoriali. Incentiva la creazione di cooperative sociali, agevola l’ingresso al mercato del lavoro garantendo la conseguente stabilizzazione o incremento occupazionale.

Il Tavolo di coordinamento. Per realizzare tutti questi obiettivi dovrà essere istituito il Tavolo di coordinamento regionale per la prevenzione e contrasto di ogni forma di violenza contro le donne. Che dovrà essere attivato entro novanta giorni dall’entrata in vigore del testo legislativo. Il lavoro del tavolo sarà necessario anche per l’attivazione del piano triennale contro la violenza alle donne. Che permetterà di agire tenendo conto della reale presenza sul territorio del fenomeno e sarà approvato dal consiglio regionale dopo aver sentito proprio il parere del Tavolo. Il lavoro verrà ampiamente pubblicizzato tramite campagne informative dirette al servizio pubblico radiotelevisivo e ai concessionari privati in merito alle programmazioni dei media al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della legge.

I fondi. E veniamo al denaro che verrà impiegato. Centomila euro per l’esercizio finanziario del 2013, 200mila per il 2014, e altri 200mila per il 2015. In totale mezzo milione di euro che andranno totalmente per la realizzazione di tutti i progetti citati sopra.

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