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"Normal", alle radici delle convenzioni di genere

Il lungometraggio di Adele Turri sulla costruzione sociale dei "ruoli", maschile e femminile, ha vinto il concorso internazionale del documentario Real Lovers

"Normal", alle radici  delle convenzioni di genere
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6 Maggio 2019 - 22.06


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di Marina Cosi

Le gravide al parco, i bevitori di birra, i giocattoli per “piccole donne crescono”, i futuri Valentino Rossi, l’addio al nubilato, i videogiochi guerreschi, il prete che dà la linea: avanti così costruendo un mosaico di 22 potentissimi quadri. E’ Normal, il lungometraggio con cui Adele Turri ha vinto quest’anno il concorso internazionale del documentario Real Lovers. La regista, qui al suo secondo film, già col precedente aveva vinto a Berlino il premio Opera prima. Intervenendo domenica sera 5 maggio, a margine della prima proiezione milanese di Normal, titolo azzeccatissimo, ne ha spiegato la lunghissima gestazione, partendo da quando, per la tesi pratica del suo dottorato in Gran Bretagna, aveva scelto il tema della costruzione delle norme di genere nell’infanzia e nella regolamentazione sociale. 


Ma come fare? Dapprima Adele Turri ha registrato lunghe conversazioni spontanee con sconosciuti (percorrendo in lungo e in largo l’Italia viaggiando in bla-bla-car), ma senza poi utilizzarle, se non per chiarirsi le idee: “No, volevo evitare protagonismi e mettere invece in primo piano la continua negoziazione che tutti facciamo fra identità e richieste della società, riflettendo su quanto sia complesso convivere col sistema di norme e farci i conti”. Segue ineluttabile citazione dei Comizi d’amore di Pasolini. Nonchè un doveroso e dovuto ringraziamento alla montatrice, Ilaria Fraioli, davvero molto brava. 

Turri ci ha lavorato tre anni e passa, attenta a fare un film che non fosse pedagogico o ideologico. Riuscendoci. Tant’è vero che le reazioni del pubblico a Normal e dunque guardando la ginnastica al parco, il corso per donne perfette, la bimba dai lobi perforati e così via, non sono state “Ma che strana è l’Italia” bensì “Guarda, come da noi…”. 

Il film si conclude con un finale, da non raccontare qui, che mostra l’assimilazione dei processi di desiderio “di tutti” entro la norma data. Poiché queste regole non dette sono talmente profonde da permeare i pensieri e i desideri di tutti, ma proprio tutti, in modo così sottile e radicato da divenire norma. Non male in tempi di salvinismo e pilloneria imperanti…

Normal. Regia di Adele Tulli; musiche di Andrea Koch; fotografia di Clarissa Cappellani e Francesca Zonars; montaggio di Ilaria Fraioli con Elisa Cantelli e Adele Tulli. Produzione: Valeria Adilardi, Luca Ricciardi, Laura Romano, Mauro Vicentini. Distributore: Istituto Luce Cinecittà. Primo premio Concorso documentari all’International Lovers Film Festival di Torino 2019.

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