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Chi ha paura della portiera?

Con i Mondiali di calcio è tornata la questione linguistica [di Mara Cinquepalmi]

Chi ha paura della portiera?
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29 Giugno 2019 - 17.55


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“E’ il ruolo che conta, è quello che deve passare”. Così nei giorni scorsi una cronista Rai a proposito dell’uso femminile per i ruoli delle giocatrici impegnate ai Mondiali. Un momento di gioco poco appassionante di Italia-Cina è stato coperto da una maldestra spiegazione sul perché non dobbiamo parlare di capitana o portiera. Un po’ come quelli che si ostinano a chiamare ministro o sindaco una donna che ricopre quei ruoli.

Però, pensate alla signora Mariuccia che da anni fa la portiera di un grande condominio. Perché quando ci rivolgiamo a lei non ci poniamo il problema di chiamarla portiera e invece se ci riferiamo ad una calciatrice che gioca in quel ruolo pensiamo che sia uno stravolgimento della lingua?

In questo inizio d’estate in cui le ragazze Mondiali di Milena Bertolini hanno appassionato milioni di italiani (e i dati Auditel lo dimostrano) e fatto ricredere illustri decani del giornalismo sportivo di casa nostra torna alla ribalta anche la questione linguistica.

Da un lato chi come le telecroniste Rai ha bocciato il femminile, dall’altro chi come noi di GiULiA sostiene questa battaglia perché è anche con le parole che si riconosce il valore delle donne. Declinare al femminile non è un vezzo. Noi siamo ciò che diciamo. Lo ha spiegato bene anche la Ct Milena Bertolini che ha guidato le Azzurre in questa incredibile avventura. “Il cambiamento passa anche tramite immagini e modi di dire. Il rispetto è per tutti, ma più donne si vedono in certi ruoli e più si pensa che il calcio è un diritto di tutti. Sarebbe anche utile cambiare il linguaggio, io lo chiedo alle mie giocatrici: non dite marcatura a uomo, ma individuale. Le parole definiscono il pensiero”, ha spiegato la Ct in un’intervista al quotidiano La Repubblica. Le discriminazioni passano anche da un certo linguaggio, dagli stereotipi che spesso abbiamo letto sui giornali o ascoltato in tv. Questo è uno dei motivi per cui è nato il manifesto Donne, Media e Sport che GiULiA ha realizzato insieme alla Uisp. Bastano davvero poche regole di buon giornalismo per evitare di scrivere e parlare di sport femminile ricorrendo ai soliti vecchi stereotipi. E a chi in queste settimane ha provato a dire che i ruoli nel calcio sono neutri, ricordiamo che di neutro c’è solo…il sapone.

L’amara uscita di scena dal Mondiale non deve disperdere quanto raccolto in queste settimane. Ora per il calcio femminile è tempo di nuove battaglie. E’ ora che si riapra il confronto sul professionismo, tema delicato e fino a poco tempo fa noto per lo più agli addetti ai lavori. Le Azzurre di Milena Bertolini hanno avuto il merito di riportarci tra le grandi del calcio mondiale e ora siamo tutti chiamati a sostenerle nella loro battaglia.

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