In Italia lo chiamano flash mob, ma è molto di più, è poesia, è sociologia, è azione. Il testo infatti, scritto e inscenato da un collettivo femminista di Valparaiso, LasTesis, è il distillato di uno studio sui processi per stupro in Cile.
Malgrado la sua brevità il testo riesce a citare due documenti: il primo è la drammatica testimonianza di una donna violentata “la colpa non è mia (avevo cinque anni) di dove stavo (a scuola), di come vestivo (uniforme scolastica)”. E il secondo documento è un brano dell’inno dei Carabineros (il tuo amante carabinero).
Il testo, riprendendo le tesi dell’antropologa argentina Rita Segato, demistifica lo stupratore come individuo che agisce per il piacere sessuale, e focalizza su un intero sistema che intero genera ruoli, e quindi li difende, proteggendo, sostenendo e incitando alla violenza sessuale e esercitando costantemente la violenza fisica: dallo stupratore che violenta, al giudice che lo assolve mentre colpevolizza le vittime, ai Carabineros, noti per la loro brutalità – ma anche per gli stupri, fino al Presidente, lo stesso che in Cile non ha esitato a dichiarare il coprifuoco per mettere a tacere le proteste e a negare giustizia.
Il titolo, uno “stupratore sul tuo cammino”, è la parodia di una pubblicità dei Carabineros, un amico sul tuo cammino.
L’istituzione dei Carabineros è impregnata di violenza: in questi mesi di proteste hanno sparato sulla folla facendo numerose vittime, oltre 200 manifestanti hanno perduto un occhio a causa delle pallottole di gomma sparate mirando al volto. Solo un anno fa i Carabineros uccidevano con un colpo alla nuca il giovane leader di una comunità indigena Mapuche Camilo Catrillanca, ma nel Cile “democratico” sono migliaia le vittime della brutalità poliziesca, soprattutto nelle aree remote dove i Mapuche tentano di recuperare le terre ancestrali espropriate da Pinochet e cedute alle compagnie della carta per farvi piantagioni di eucalipto. Dal 2018, secondo dati ufficiali, sono 558 le vittime della violenza rurale.
Da mesi il Cile è in sommossa contro la crescente divaricazione sociale e contro la violenza degli apparati statali. A Santiago del Cile ogni giorno i manifestanti, sostenuti dalla popolazioni locale, si scontrano con i Carabineros, chiedendo le dimissioni del Presidente Piñera e una nuova costituzione. Le altre città del paese non sono più tranquille.
In questa situazione esplosiva si è diffusa l’azione poetica dei LasTesis, sperimentata prima a Valparaiso, e poi replicatasi spontaneamente a Santiago. E così come la bandiera dei Mapuche è diventata il simbolo della rivolta cilena, “El violador eres tu” ne è divenuto la colonna sonora, per poi straripare in Argentina, Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador, El Salvador, Francia, Germania, Guatemala, Messico, Paraguay, Peru, Spagna, Uruguay, Venezuela.
A Città del Messico erano migliaia.
Ora se giri la sera, ci sono in strada gruppi di 2-3 ragazze giovani che la replicano sotto casa. Ma l’azione ha passato il confine generazionale: qualche giorno fa è stata cantata-ballata da migliaia di donne anziane a Santiago. (Qui il video di France 24 con le interviste alle testimoni della dittatura).
“Non la consideravamo una canzone di protesta – dice Paula Cometa, di LasTesis – La verità è che la performance è sfuggita di mano, e la cosa bella è che se ne sono appropriati altri”, aggiunge. “Poi ci hanno chiamato da Santiago e abbiamo deciso di andare”.
Qualche giorno fa l’ho vista cantare dalle anziane lavoratrici dell’Università di Santiago (bidelle, donne delle pulizie, aiutanti tecniche), visi sfatti dal lavoro, con la timidezza impacciata di chi non ha mai pensato di poter avere le luci della ribalta, ma orgogliose di esserci e di parlare.
Il messaggio ha travalicato i confini dei gruppi femministi, e anche quello della protesta studentesca, abbattendo le barriere sociali e di età. Alla seconda prova, tre delle lavoratrici, con orgoglio antico, l’hanno voluta cantare nella lingua del popolo Mapuche. Un messaggio potente allo Stato cileno, governato da una manciata di famiglie potentesi che dall’epoca di Pinochet si spartiscono il potere e i beni del paese.
Il testo
Il patriarcato è un giudice / che ci giudica per esser nate,
E la nostra punizione / È la violenza che non vedi
È il femminicidio / l’impunità per il mio assassino.
È la scomparsa. / È lo stupro.
E la colpa non è mia di dove stavo, di come vestivo
Lo stupratore sei stato tu.
Lo stupratore sei tu.
È le guardie / è i giudici, / è lo stato / è il presidente
Lo stato oppressore è un macho stupratore
Dormi bene, ragazza innocente, senza preoccuparti del bandito,
che sul tuo sogno dolce e sorridente veglia il tuo amante carabinero.
(citazione dell’inno dei Carabineiros)
Lo stupratore sei tu.
Lo stupratore sei tu.