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Perdersi dentro: adolescenti e violenza sessuale

In Italia pochissime ricerche affrontano il tema della violenza all’interno delle giovani coppie. I pochi dati sono allarmanti: il 16% fra i 12 e i 18 anni ha avuto rapporti non voluti. [di Laura Pomicino]

Perdersi dentro: adolescenti e violenza sessuale
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Laura Pomicino Modifica articolo

10 Dicembre 2020 - 16.20


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‘Io lì dentro ci sono entrata con le mie gambe. Come posso lamentarmi ora?’. Lo dice con aria di sfida Martina, fissando negli occhi quell’adulto che sente frugare fra le sue cose. Sembra che ciò che le è accaduto non la riguardi direttamente. Ormai è acqua passata, cose che capitano, che non lasciano il segno. Eppure le sue mani tradiscono la tensione, l’incertezza, la paura. Non smettono di muoversi attorcigliando nervosamente una ciocca dei lisci capelli castani. Tredici anni. Un filo di trucco sugli occhi. Lo zaino con le frasi delle canzoni preferite. Qualche firma. Un cuore. Jeans e maglietta. Scarpe simili a quelle dei suoi coetanei e delle sue coetanee. Si confonderebbe nel gruppo, davanti scuola. Una ragazza come tante.

Eppure racconta una storia differente. La storia di un innamoramento, il desiderio di un incontro, qualcosa di inaspettato a cui ancora ora, davanti alla polizia giudiziaria che sta raccogliendo la sua testimonianza, non sa attribuire un nome. O forse ha solo timore di farlo.

Una storia differente, una storia come quella di tante altre giovanissime donne come lei, troppo rapidamente esposte ad una sessualità ancora inesplorata e vissuta attraverso un’imposizione tanto subdola quanto dolorosa. Di fronte, quello sguardo cercato sul bus, incrociato nei corridoi abitati ogni giorno, immaginato prima di addormentarsi. Un giovanissimo uomo. Ora, l’autore di un reato di cui, forse, non conosce neppure chiaramente le coordinate.

In Italia pochissime sono le ricerche che si sono occupate di affrontare il tema della violenza all’interno delle giovani coppie, ancora di meno gli studi che hanno specificatamente indagato le aggressioni sessuali, di varia natura, che in questo stesso contesto possono essere agite. I dati a disposizione sono allarmanti: il 16% dei 1553 ragazzi e ragazze fra i 12 e i 18 anni raggiunti nel 2014 da Telefono Azzurro e DoxaKids ha riferito di conoscere un coetaneo/a che ha raccontato di aver subito pressioni per avere approcci o rapporti sessuali non voluti.

Se è ormai oggi ampiamente riconosciuto l’effetto profondamente dannoso che il subire violenza causa a più livelli e ad ogni età, gli effetti a breve, medio e lungo termine di queste esperienze risultano particolarmente significativi durante l’adolescenza. Questa fase costituisce infatti non solo un momento di transizione verso l’età adulta, ma anche e sopratutto un periodo in cui ogni individuo apprende e definisce chi è e chi desidera essere in relazione a sé e a chi lo circonda. Come ben descrive Sousa [1999], vivere una relazione violenta in questa stagione della vita mina l’integrità della persona influenzandone negativamente la costruzione dell’identità.

Per quanto quindi appaia evidente l’urgenza di far emergere, prevenire e contrastare questo fenomeno, è necessario superare l’ostacolo di una particolare forma di schizofrenia da cui parte della nostra società è affetta: malgrado infatti i riferimenti alla sessualità siano una costante onnipresente nel nostro vivere quotidiano, è tuttavia prassi ancora scarsamente consolidata quella di prevedere momenti di sensibilizzazione e informazione su questa tematica rivolti alle nuove generazioni. Anzi, a fronte di leggi che ne sanciscono l’importanza, sembra consolidarsi una crescente opposizione ad ogni forma di approfondimento su questi argomenti, soprattutto in quei contesti educativi principalmente deputati a ciò, come quello scolastico.

Ne deriva che l’incontro con la sessualità, non nominato e non anticipato, il cui desiderio viene veicolato come un tabù da nascondere, si verifica senza alcuna mediazione né accompagnamento adulti. Se questo costituisce un limite in assenza di violenza, rappresenta una grave mancanza quando invece è presente, privando ragazzi e ragazze di quella tutela a cui avrebbero diritto, contribuendo a farli sentire smarriti, senza strumenti non solo per decodificare e comprendere cosa è accaduto loro, ma persino per trovare le parole per dirlo.

Come Martina, della quale sembra si possano intravedere i pensieri e le emozioni confuse, che vagano senza riuscire a trovare uno spazio sicuro di contenimento in cui depositarsi e trovare quiete. Senza argini, senza confini, vacilla, privata della possibilità di accedere a quell’intimità che dovrebbe essere nutrimento e benessere e che a lei ha restituito solo una serie di sensazioni ingarbugliate che non riesce a mettere in ordine.

Il senso di colpa che spesso accompagna queste narrazioni è testimonianza evidente del vuoto educativo di cui è responsabile un mondo adulto che preferisce fingere di non vedere, sceglie di non affrontare l’imbarazzo, si nasconde dietro principi astratti che non trovano riscontro alcuno nei corpi adolescenti che reclamano il diritto alla conoscenza per poter sviluppare una sana consapevolezza che li guidi orientando le loro azioni.

Per poter prevenire il verificarsi di esperienze tanto traumatiche o, quantomeno, poterle riconoscere una volta avvenute, dare loro un nome e chiedere aiuto prima di spezzarsi in tanti piccoli frammenti difficili da ricomporre.

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