A Collepeasso nel leccese, la sindaca è stata attaccata durante un pubblico comizio dal consigliere di opposizione Salvatore Perrone, con parole cristallizzate in un video che ha fatto il giro del web e che ha portato una pioggia di solidarietà alla vittima. Promessa di «al Comune per prendere a schiaffi la sindaca»(queste le presunte minacce) e «Non gode mai, solo quando fa querele prova goduria» (la frase sessista), bastano a ricordare che in termini di battaglie culturali siamo ancora all’anno zero? Commenti e interpretazioni sono facili. Le parole se le porta il vento, a meno che…
A meno che non vi siano prove (come quel video) e capacità, quella della sindaca, di dire, raccontare, denunciare, pur esponendosi. Perché ciò che non si dice e non si scrive non esiste e allora sì, uscire dal cono d’ombra dell’imbarazzo e cristallizzare, far capire cosa significhi essere amministratore e donna.
Ma se tanto, che tanto troppo è , non bastasse, arriva la pezza. E a voi il commento. Su quella stessa toppa buttata lì alla meno peggio. Dalle pagine de La Gazzetta del Mezzogiorno, il consigliere al centro della bufera replica: «Dopo il mio intervento, la sindaca Manta avrebbe potuto replicare ad attacchi e accuse lanciati in comizio, avendo richiesto lo spazio temporale successivo a quello chiesto dall’opposizione. Assistiamo, invece, al suo solito copione: veste i panni di vittima e mette in moto una devastante azione denigratoria a danno del sottoscritto, su testate giornalistiche e persino televisive; un polverone mediatico per nascondere la sua inadeguatezza amministrativa»
Cosa aggiungere? Cultura, questa è la parola chiave. Un termine abusato, che va riempito di significato. Con i fatti. E allora eccola la crociata delle donne che godono. Godono a fare squadra, a sentirsi voce unanime a metterci testa e cuore, as usual. Dà piacere, sapere che le donne sì talvolta scivolano sulle bucce di banana delle rivalità e delle competizioni, ma quando fanno squadra hanno più forza delle maree. Senza bisogno di esasperare modi e linguaggio, agendo di testa.
Le sindache salentine sono voce unica, nella vicenda imbarazzante – la causa val bene un eufemismo -, che ha visto la collega di Collepasso, Laura Manta. «Solidarietà piena da parte mia e della mia squadra», il leitmotiv che le unisce, e che è passato in una chat dei sindaci subito dopo che la vicenda è divenuta pubblica.
Prese a sé, i pensieri di ognuna poco si discostano, l’uno dall’altro, perché al netto di battaglie, progressi e conquiste presunti o reali, resta di fatto che il più delle volte e in tutti gli ambiti “la donna deve faticare il doppio e dimostrare tre volte tanto di valere”. «La donna ha un livello di sopportazione che non si può immaginare – sottolinea Silvia Tarantino da Porto Cesareo-. Abbiamo gli attributi, noi sì, per andare oltre tanta meschinità e pochezza e guardare avanti, dimostrando nei fatti di valere. Penso al mio carattere, al mio essere schietta nel quotidiano che, traslato sullo scacchiere amministrativo può essere frainteso, addirittura deriso. Io ho scelto di andare controcorrente, di essere Silvia, con e senza la fascia. Nel rispetto del ruolo che rivesto e di chi me lo ha conferito e nel rispetto di me stessa»
Una quotidiana battaglia per l’affermazione di se stesse «e della nostra libertà di persone, prima ancora che di donne e amministratrici – così Mariolina Pizzuto da Monteroni -. Mi dicono che quando m’arrabbio sono Mario e quando mi calmo sono Lina. Ho combattuto sempre nella e continuerò. Non ho paura di nulla, tantomeno di chi offende con un linguaggio volgare che denota un livello culturale preoccupante. La mia squadra di governo è composta da sei uomini e sei donne di proposito, perché si lavora insieme e siamo persone».
La strada percorsa è importante, non di meno quella da fare. «Qualsiasi donna che acquisisca visibilità e si faccia conoscere, ancora oggi si scontra con questa mentalità e misoginia – dice Monica Gravante, da Giurdignano -. Ci sono ometti mentalmente piccoli – senza generalizzare -, preda del meccanismo della volpe e dell’uva. Deboli, incapaci di essere liberi, che invidiano l’altra. E l’invidia porta arroganza, aggressività e violenza. Le subiamo tutte, da sempre, queste angherie. Le ho subite da capogruppo di minoranza per dieci anni, ma anche da avvocata, da studentessa universitaria. Squadra, le donne con le donne per le donne. Questa è la via».
Tutto va bene finché «non entri nell’agone. Quando accade sei esposta, alla gogna – così Sandrina Schito da Copertino -. Il turpiloquio è diventato costume, se non dici cose che fanno sensazione non esisti, più la spari grossa più ci sei, se non hai argomenti attacchi una donna in quanto tale. La terminologia, il fraseggio, l’articolazione della parole risponde a ciò che abbiamo dentro. Se una persona pensa così, parla così e dice così, quello è. Ma non bisogna accorgersi delle donne che amministrano solo quando vengono offese in questa maniera squallida»
A.D. 2023 e la donna è ancora prima di tutto moglie, figlia, madre «viene prima la nostra femminilità che il ruolo – sottolinea Dina Manti da Corigliano -. Arrivano così apprezzamenti, battute, ora col tono scherzoso ora no. Se gli uomini avessero davanti un uomo, non lo farebbero. Accade in tutti i ruoli in ogni cotesto. Ancora no, si accetta che una donna nella vita sia risolta e abbia un ruolo apicale. Io vivo in una realtà felice da questo punto di vista, in consiglio gli uomini sono in minoranza– ride – il nostro è un paese per donne! E per uomini perbene, che pure vi sono»
Il consigliere di Collepasso «ha perso l’occasione di essere messaggero di una levatura culturale di cui si ha bisogno – spiega Irene Chilla sindaca di Bagnolo -. L’intervento è stato grave, greve, crudele e cruento. È una violenza a tutti gli effetti, non siamo viste come persone ma come oggetto. Un consigliere comunale è un educatore, rappresentante di un pezzo di comunità, e deve aiutare a superare limiti, stereotipi, violenze. Siamo lontani da questa conquista. Ha fatto bene la collega a far emergere l’accaduto».
«Già la politica non ha argomentazioni, poi arriva anche l’insulto becero su sessualità e fisico, dove vogliamo andare? – chiede Valentina Avantaggiato da Melpignano -.Nell’ambiente politico-amministrativo, da sempre appannaggio pressoché maschile, siamo ahimè davanti a un comportamento radicato. Lo abbiamo vissuto anche da noi in campagna elettorale, un campagna di fuoco. Non a livelli di Collepasso ma i toni sono sempre quelli. Quando una donna è capace diventa automaticamente subdola, ammaliatrice, meretrice, strega. Cultura, è questa la chiave del cambiamento reale».