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La disinformazione sull'aborto viaggia dai Pro Life alla Tv, un appello di Europa Donna

L'associazione Europa Donna ha inviato una lettera aperta al ministero della Salute dopo la diffusione di fake news sul rapporto tra aborto e cancro da parte di un'associazione pro vita. Un problema che riguarda anche i giornalisti

La disinformazione sull'aborto viaggia dai Pro Life alla Tv, un appello di Europa Donna
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Paola Rizzi Modifica articolo

30 Aprile 2024 - 12.16


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«In occasione della Giornata Nazionale della Salute della donna, un’associazione pro-vita ha rilasciato un comunicato stampa per informare le donne dei rischi associati all’aborto volontario, annoverando tra essi un aumentato rischio di tumore del seno pari al 44%. L’affermazione è stata ripresa successivamente dai media. Non entriamo nel merito della discussione circa la destinazione dei fondi del PNRR a favore della dissuasione dalla pratica dell’aborto, ma vogliamo smentire con forza questo dato, non supportato da adeguate evidenze scientifiche». E’ l’incipit di una lettera aperta inviata dall’associazione Europa Donna al ministero della Salute due giorni fa, dopo che il 22 aprile, giornata della Salute della Donna, era circolato il comunicato stampa dell’associazione ProVita in cui si riportavano dati terrorizzanti sull’aumento di rischio di tumore al seno connesso all’aborto, con affermazioni del tipo che «in generale, le ricerche scientifiche dimostrano che ogni aborto può avere serie ripercussioni sulla salute fisica e mentale delle donne: l’aumento del rischio di cancro al seno del 44% per chi subisce un aborto indotto fino a salire addirittura all’89% per chi ne subisce tre». Alla base, citata come verità incontrovertibile, “una” ricerca cinese del 2013. Facendo una breve ricerca su internet si possono trovare facilmente centinaia di ricerche scientifiche che raccontano un’altra “verità”,  per esempio quella pubblicata sulla prestigiosa rivista Lancet  nel 2004 condotta analizzando i dati epidemiologici in 16 paesi su un campione di 83mila donne con tumore al seno che arriva a conclusioni diametralmente opposte: «Le gravidanze che terminano con un aborto spontaneo o indotto non aumentano il rischio di sviluppare un tumore al seno. Nel complesso, gli studi sul tumore al seno con registrazione retrospettiva dell’aborto indotto hanno dato risultati fuorvianti, forse perché le donne che avevano sviluppato un tumore al seno erano, in media, più propense delle altre donne a rivelare precedenti aborti indotti». Nel comunicato di Pro Vita ci sono altri messaggi terroristici sui rischi dell’aborto farmacologico, somministrati con la stessa assertività.

Europa Donna Italia è un network di 190 associazioni che dal 1994 tutela le donne malate di tumore al seno, nato per iniziativa della Scuola Europea di Oncologia, ed è quindi titolata a porre la questione sul piano della correttezza scientifica, che inevitabilmente diventa anche politico, come si legge nella lettera aperta che si conclude così: «Facciamo quindi un appello al Ministero della Salute e alle sue istituzioni affinché il grande lavoro di ricerca, prevenzione, cura e informazione che la comunità scientifica, le istituzioni sanitarie e le associazioni svolgono quotidianamente, non sia annullato da informazioni deviate da motivazioni diverse da quelle scientifiche».

Una preoccupazione che investe anche il mondo nell’informazione e di cui abbiamo avuto un’esemplare rappresentazione nell’ormai leggendario “manel” di Porta a Porta del 18 aprile in cui per 8 minuti si è parlato, male, di aborto. Se Geppi Cucciari ci ha fatto sorridere applicando con maestria il ribaltamento semantico con un “femel” (si dice così?)  su prostata e macchinoni, la questione è ovviamente molto seria e non riguarda solo chi parla ma anche cosa si dice, anche perché le due cose non sono scollegate. Nella puntata di una delle trasmissioni top della rete ammiraglia del servizio pubblico, dove sette uomini discettavano del provvedimento inserito nel Pnrr che permetterà alle associazioni pro vita di entrare nei consultori per molestare-convincere le donne a non abortire, l’unico momento effervescente è stato quando il conduttore Bruno Vespa ha smesso di fare il conduttore e con sguardo cattivo ha alzato la voce per dire che le associazioni pro-life non fanno “mai” disinformazione e che il parlamentare del Pd Alessandro Zan, che lo sosteneva, stava dicendo una menzogna. Una disinformazione al quadrato quindi, pochi giorni prima che da una dirigente della stessa rete ammiraglia, la giornalista Incoronata Boccia, arrivasse un’altra legnata ad un principio sacrosanto della deontolgia dei giornalisti,  il rispetto della verità sostanziale dei fatti, ossia che l’aborto non è un delitto, perché fino a prova contraria quello ancora lo decide il codice penale. Tutt’al più, per chi lo crede, è un peccato.

L’appello di Europa Donna quindi parla anche noi che facciamo informazione e abbiamo dei doveri, tanto più su un argomento sensibile come quello dell’aborto che appartiene ai diritti mai negoziati una volta per tutte, a quanto pare, nonostante pronunciamenti dell’Oms, dell’Ue, eccetera. E che quindi richiede cautela, continenza e rispetto della verità.

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