Quest’anno il prestigioso World press photo Award of the year è andato allo scatto di una fotoreporter palestinese, Samar Abu Eluf, costretta a fuggire da Gaza e a riparare in Qatar. Lì ha fotografato i bambini portati negli ospedali di Doha per guarire dalle ferite gravissime inflitte dai bombardamenti israeliani. Non ci dimenticheremo mai dello sguardo del piccolo Mahamoud Ajjour, 9 anni, che ha subito l’amputazione di entrambe le braccia a causa di un bombardamento. Samar, che collabora tra le altre cose con il New York Times e la Reuters, ha detto di non riuscire ad essere tanto felice del premio, perché a Gaza ci sono ancora molti dei suoi familiari.
A Gaza era rimasta una sua giovane collega, la fotoreporter e attivista Fatima Hassouna, 25 anni: il documentario Put Your Soul on Your Hand and Walk realizzato con la sua essenziale collaborazione dalla regista iraniana Sepideh Farsi è stato selezionato al festival di Cannes il 15 aprile. Farsi, una iraniana della diaspora, ha costruito il documentario con le immagini che le inviava Hassouna, i suoi occhi su Gaza, come ha raccontato. Il giorno dopo la bella notizia, tra il 16 e il 17 aprile la casa di Fatima è stata bombardata e lei è morta con 10 persone della sua famiglia.
Sui giornalisti morti a Gaza dal 7 ottobre 2023 ci sono varie stime, in ogni caso parliamo di numeri enormi: tra i 153 e i 210. In questa contabilità le donne sono una porzione piccola ma significativa. Una fonte ritenuta attendibile è la piattaforma Committee to Protect Journalists (CpJ) che calcola in 21 le giornaliste uccise a Gaza dal 7 ottobre su un totale di 153 vittime accertate tra gli operatori dei media. Ma Fatima Hassouna non era ancora calcolata. Quindi secondo questa stima sono 22. L’ufficio stampa del governo di Gaza in occasione dell’8 marzo ha parlato di 24 giornaliste uccise. Secondo il sindacato dei giornalisti palestinesi il numero totale sarebbe di 210 giornalisti e operatori dei media uccisi di cui 27 donne. Comunque sia, troppe. Mai così tante in un solo scenario di guerra.