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Così la pandemia ha rivoluzionato la presenza delle donne nei media

In netto calo le "esperte" sui giornali e in tv. Più presenti nelle notizie di Società, meno in Economia Scienza e Sport. Meno citate per il loro lavoro o con il loro cognome. [di Maria Luisa Villa]

Così la pandemia ha rivoluzionato la presenza delle donne nei media
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Maria Luisa Villa Modifica articolo

23 Luglio 2021 - 16.44


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I dati sulla rappresentazione e la presenza delle donne nei mezzi di informazione erano attesi per il 2020, ma la pandemia ha inevitabilmente condizionato anche la più famosa ricerca su questo tema.  I risultati del Global Media Monitoring Project – la più autorevole e longeva azione per l’uguaglianza di genere nell’informazione – sono stati presentati a metà luglio. Coordinata dalla ong WACC, che si occupa di diritti alla comunicazione e giustizia sociale, la ricerca si svolge ogni 5 anni, dal 1995. Sia il Report Globale (116 paesi), quello europeo (32 Paesi) e il Report italiano sono disponibili sul sito del GMMP.

 

Si tratta di dati di estremo interesse per noi di GiULiA, perché proprio dagli esiti della ricerca del 2015 è nato il progetto 100esperte, uno strumento concreto contro la sottorappresentazione delle donne nei media e contro i manel,  ideato da GiULiA e dall’Osservatorio di Pavia, sostenuto dalla Commissione Europea, e sviluppato con la Fondazione Bracco.

 

E veniamo ai risultati di casa nostra. Coordinata da Monia Azzalini (Osservatorio di Pavia e Università Ca’ Foscari) e Claudia Padovani (Università di Padova) questa edizione del GMMP ha coinvolto sei gruppi di lavoro in Italia, attivi presso le università di Calabria, Milano-Bicocca, Padova, Roma La Sapienza, Torino, Venezia.

In questa edizione, che ha preso in esame il giorno 29 settembre 2020, la presenza delle donne come soggetti e fonti delle notizie risulta pari al 26% fra le 980 persone nelle notizie: 24% nei media tradizionali e 28% nei media digitali.

Sia nei media tradizionali che in quelli digitali le donne risultano relativamente meglio in notizie relative a temi di Società e Affari Legali, Crimine e Violenza (nella maggior parte come vittime) e Politica e Governo, ma quasi esclusivamente nelle notizie sovranazionali, legate alla politica internazionale e relazioni con altri Paesi; meno inclusive sono le notizie su Arte, Sport, Economia, e Scienze e Salute.

Spesso le donne nei media non vengono citate “con” o “per” il loro lavoro ma compaiono per il 63% come soggetti la cui occupazione non è identificata (non rilevante per la notizia), mentre sono solo il 22% nella categoria più numerosa: quella dei politici. Un dato che segnala un passo avanti – nel 2015 erano il 15%, ma se si considera che le donne elette in Parlamento a oggi sono il 35%, appare chiaro che continuano ad essere sotto-rappresentate, sia nei media tradizionali che nel digitale.

Come nelle edizioni precedenti, il 25% dei soggetti femminili compaiono nelle notizie come vittime di violenza (contro il 4% degli uomini). Al contempo, una donna su 4 viene identificata in relazione allo status familiare (contro il 4% degli uomini). E guardiamo al modo in cui le donne vengono presentate: meno degli uomini con nome e cognome (76% vs. 82%) e meno degli uomini con un titolo professionale o istituzionale (54% vs. 72%).

 

I mezzi di informazioni trattano delle questioni di genere? Poco. Complessivamente solo 2 notizie riguardano questioni legate alle diseguaglianze di genere nei media tradizionali (1% del totale), e solo l’1,5% delle notizie su stampa, radio e televisione e il 3% nelle notizie online contrastano gli stereotipi di genere. Infine, le notizie in cui le donne risultano essere il focus tematico sono 11% su un totale di 220 (erano 8% nel 2015).

Quanto alla funzione nelle notizie, le donne costituiscono il 24% dei ‘soggetti’ delle notizie; rispetto al 2015 appaiono più spesso come ‘portavoce’ (dal 13% al 30% sui media tradizionali e 31% sui media digitali) ma la loro presenza come ‘esperte’ è calata significativamente (dal 18% al 12% su stampa, radio e televisione, 14% su web e Twitter). 

E qui occorre fare alcune considerazioni che riguardano il fatto che l’indagine si sia svolta in piena pandemia.  

La crisi dovuta al Covid-19 ha segnato non solo le attività del monitoraggio ma ha anche aggravato le diseguaglianze relative alla presenza e al ruolo delle donne come soggetti delle notizie. Nelle 173 notizie codificate come ‘relative a Covid-19’ (un quarto del totale), le donne sono fortemente non rappresentate: solo l’11% rispetto alla media complessiva del 24%; e sono sottorappresentate sia come ‘portavoce’ (15% contro il 30% dei dati complessivi) e come ‘esperte’ (6% contro un già misero 12% dei dati complessivi).

Questo risultato appare particolarmente problematico considerando l’importanza degli esperti – scienziati, tecnici, accademici, personale medico – nel contenuto dell’informazione dell’ultimo anno e mezzo. Ma soprattutto i dati contrastano con la narrazione, in particolare nella prima fase della pandemia, in cui si è sottolineato il ruolo delle donne nell’affrontare la crisi. Cosa significa tutto questo? Che le donne restano immerse in una grave e persistente invisibilità proprio nel momento in cui, a tutti i livelli, si è riconosciuto che sono state proprio loro a pagare le conseguenze della crisi economica e sociale, pur essendosi sobbarcate grandi carichi di lavoro e avere dimostrato non comuni doti di resilienza. Per non parlare degli appelli affinché le donne, protagoniste di una battaglia epocale, dovessero essere altrettanto protagoniste nella fase di ripresa.

Del resto lo stesso Report Italiano del GMMP include anche una serie di raccomandazioni relative, in particolare, alla ”necessità di mantenere acceso il dibattito sui temi delle diseguaglianze nei contenuti dei media e nelle redazioni; la necessità di adottare strumenti, codici e strategie mirate per promuovere in maniera concreta”.

Tutto questo ci dice che camminiamo sulla strada giusta, e ci motiva ancora di più come giornaliste di GiULiA nel continuare le nostre battaglie con tutti gli strumenti che nel tempo abbiamo messo in campo e intensificato: dalla presenza costante nelle azioni istituzionali per una rappresentazione delle donne paritaria e non stereotipata, al progetto – ampliato proprio durante la pandemia –  di 100esperte, ai corsi, alle azioni per  il contrasto alla violenza di genere e contro l’Hate Speech che colpisce le giornaliste.

 

 

 

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