Ritratto di donna, tra il Pci, la famiglia e una gatta | Giulia
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Ritratto di donna, tra il Pci, la famiglia e una gatta

“Mio nonno era comunista”, di Monica Granchi (Edizioni Effigi) è una storia personale e collettiva: ritratto di donna e insieme di una famiglia e di un periodo storico.

Ritratto di donna, tra il Pci, la famiglia e una gatta
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26 Settembre 2013 - 13.03


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Non è mai facile parlare di se stesse. E non è facile riuscire a tenere d’occhio tutto quello che accade intorno. E’ come avere due occhi puntati sul mondo e altri due, fissi, sulla propria anima. Monica Granchi, con il suo racconto “Mio nonno era comunista” (Edizioni Effigi, 2013, pagg. 135, 10 euro) ci riesce alla perfezione. Con la sensibilità di chi nella vita si è persa e ritrovata, offre a chi legge queste pagine un ritratto di donna e al tempo stesso di una famiglia, di una società e, perché no, di una classe e di un periodo storico.

Siamo nella Toscana che più rossa non si può (come ci ricorda anche la copertina disegnata da Staino), a Siena, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, con lucide incursioni in un presente senza bussola. Il periodo storico giusto per raccontare il momento di massimo splendore del Pci, la passione della politica e del far politica, le feste dell’Unità, la sezione, il “rigore” e la militanza delle compagne e dei compagni come il nonno materno, figura chiave nell’educazione di una bambina che diventa donna.

Donna tra le donne, tante, e di più generazioni, della famiglia allargata nella quale l’autrice ha vissuto. Presenze importanti, talvolta discrete e delicate, altre volte amorevolmente rivali, che possono condizionare la vita. Come la giovane zia, coetanea, praticamente una sorella. Una confusione di ruoli, di emozioni e sentimenti troppo spesso repressi.

Ma tanto è facile avere una vita piena, di gente, di cose da fare, di passioni, altrettanto è facile sentirla svuotata. Perdere il nonno comunista e gli altri punti di riferimento (ideologici e non), restare senza un lavoro e poi, fare a pezzi il proprio corpo, nel tentativo di farlo scomparire (con l’anoressia, per esempio) o di sottrarlo alle attenzioni del prossimo. «Se ci riuscite, state lontani e basta. La mia vita è così. Vivo in mezzo agli altri, isolata da un’aura che richiama attenzione e respinge il contatto».

Ma se una donna innamorata della sua gatta e straziata dalla sua morte, così legata alla sua storia da metterla in discussione, non ci permette di avvicinare il suo corpo, offre al mondo qualcosa di più prezioso: la sua anima. E consente di toccarla, fino a esserne travolte.

(Raffaella Angelino)

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