Donne che non fanno notizia. Cristina Allegretti è un trafiletto in cronaca. Aveva 36 anni ed è morta in un modo assurdo, nel negozio di detersivi dov’era precaria, a Oristano.
Per Rosaria Semeraro, neanche un trafiletto in cronaca. Neanche quello. Anche lei aveva 36 anni. E’ morta in un pulmino carico di braccianti. Uno schianto sulla statale Jonica, nel tarantino.
Non se ne parla. Delle morti sul lavoro l’informazione non parla. E nessuno sa che le donne subiscono 230 mila infortuni sul lavoro e che 120 perdono la vita, ogni anno.
Nell’Italia televisiva, la tragedia di Barletta non ha avuto l’onore della notizia di apertura. E questo ci ha indignate. Nello stesso giorno, Berlusconi proponeva di chiamare il suo partito “forza gnocca”. E questo ci ha disgustate e come giornalisti, donne e uomini, ci ha messo in un profondo imbarazzo nel doverne riferire.
Ellen Johnson-Sirleaf, prima donna capo di Stato in Africa, in Liberia; Leymah Gbowee, avvocatessa, anche lei della Liberia e la giornalista Tawakkul Barman che ha guidato la rivolta nello Yemen, fino alle dimissioni del dittatore Saleh… Hanno ritirato l’altro ieri il premio Nobel della Pace, ma delle loro storie e vite, giornali e telegiornali non parlano!
Di Sara, Yara, Chiara, Meredith , invece, sappiamo tutto. Il dna, l’impronta dell’assassino, ogni nuovo dettaglio delle indagini, diventa articolo, servizio televisivo. Plastico. Per giorni e per anni!
E’ la cronaca-spettacolo. Che sfrutta le lacrime e serve per oscurare la realtà. O vittime o assassine, escort e veline: così le vuole la televisione, l’informazione al guinzaglio. Noi no!
Dobbiamo, uscire dalla fiction “Pupe e Papi”.
Una rappresentazione che ci umilia e ci offende. Nei quotidiani, in televisione, nei settimanali femminili: basta parlare solo di rughe, diete, tacchi a spillo… E non è solo un problema di donne: tutta la società che non viene fuori, non è raccontata. Siamo stanche e stanchi, donne e uomini.
E non ne possiamo più noi giornaliste. Vogliamo fare inchieste, disturbare i potenti. Parlare degli scandali, delle caste. Di chi è responsabile di questa crisi e di chi la pagherà di più . Dei più deboli di cui non si parla!…
Le donne hanno già pagato, e tanto. Sono state messe all’ angolo, e per questo devono essere risarcite!
E le giornaliste hanno pagato e pagano…
Ora basta con le precarie sfruttate: la dignità del lavoro è un valore per tutti. E la qualità dell’informazione è un bene di tutti, una risorsa per il Paese. E se non lo sanno i nostri editori, lo sanno bene le mafie che cercano di intimidire i giornalisti che danno fastidio.
E sono ancora poche, pochissime, le editorialiste, le direttrici …
E’ venuto il momento di dire basta.
L’informazione deve cambiare passo. Noi, vogliamo essere una forza del cambiamento.
Anche per questo è nata GIULIA, una rete nazionale. Giornaliste Unite Libere Autonome. Per cambiare una cultura insopportabile e vecchia: nelle redazioni e nel giornalismo italiano. (siamo già più di 500)
GIULIA è pronta a dar vita a campagne di denuncia nei confronti di giornali o tv che offendono l’intelligenza delle donne, e quella degli uomini. Non accetteremo bavagli né violenza nel linguaggio né omissioni di notizie su quello che conta ed è importante davvero.
Il cambiamento lo abbiamo già messo in moto. Tutte insieme.
Ma per cambiare, l’informazione deve rompere la gabbia dell’immaginario maschile. Farsi strumento per portare le donne al governo del Paese.
Alla ministra Fornero diciamo che non basta lamentare che le donne non siano abbastanza rappresentate: le chiediamo, di farsi concretamente carico del problema e di unirsi a noi, di venire sulle nostre posizioni.