Puglia. Figli o lavoro? In tre anni 2.400 dimissioni | Giulia
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Puglia. Figli o lavoro? In tre anni 2.400 dimissioni

Soltanto in Puglia in tre anni 2.400 donne si sono dimesse dal lavoro per la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. Un numero in crescita.[Marilù Mastrogiovanni]

Puglia. Figli o lavoro? In tre anni 2.400 dimissioni
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2 Febbraio 2012 - 18.08


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Negli ultimi tre anni in Puglia 2.400 donne si sono dimesse dal lavoro per la difficoltà di conciliare le esigenze della famiglia, legate principalmente alla nascita di un figlio, con le esigente lavorative.

Sono i dati resi noti dall”Ufficio regionale della consigliera di Parità, i quali evidenziano che il numero è cresciuto negli anni, per cui se nel 2009 si sono contate 666 dimissioni, nel 2010 sono salite a 848 e nel 2011 hanno toccato quota 886. 



Con riferimento al 2011, la motivazione principale alla base della decisione di abbandonare il lavoro è stata il desiderio di cura dei figli in maniera esclusiva (36% dei casi), ma in molti casi la scelta è stata dettata dall”incompatibilità tra l”occupazione e l”assistenza al neonato per assenza di parenti di supporto (23,2%) e per mancato accoglimento del bambino al nido (18,6%).

La fascia d”età maggiormente colpita da questo fenomeno è quella dai 26 ai 35 anni, ovvero quella maggiormente interessata dall”arrivo del primo figlio. Infatti nella stragrande maggioranza, ad abbandonare il lavoro sono donne con un solo bambino, ovvero quelle che si vedono stravolgere gli equilibri con l”arrivo della nuova creatura. 



Nel 2011, il 41% delle dimissioni si è registrato nella provincia di Bari, che è stata quella maggiormente colpita dal fenomeno; seguono la provincia di Lecce con il 30%, quella di Taranto con il 13%, Brindisi (9%) e Foggia (7%).


Nella provincia di Lecce le dimissioni nel 2011 sono state 270. In questo caso, le prime motivazioni sono state la mancanza per le donne di familiari di supporto nella cura del bambino (28,9% dei casi) e l”impossibilità di usufruire di un asilo nido (28,5%). Il 63,7% delle donne dimissionarie (172 in tutto) rientrava nella fascia d”età tra i 26 ed i 35 anni. 



La parola alle donne


Per analizzare più da vicino il fenomeno dell”abbandono del lavoro da parte delle donne alle prese con la cura dei figli è in corso di svolgimento un progetto di ricerca da parte dello staff di docenti e di ricercatori dell”Università del Salento coordinato dal prof Enrico Ciavolino. Nella prima fase di sperimentazione sono saranno le Direzioni provinciali del lavoro di Lecce e Brindisi.
Il progetto è stato totalmente finanziato dalle Consigliere di Parità regionale, di Lecce e di Brindisi, che hanno promosso il progetto. 

Nei primi cinque mesi di sperimentazione del progetto, sono stati elaborati dei questionari a cui hanno risposto 88 donne con un”età media di 30 anni, compresa tra i 21 e i 42 anni. 


Nella Provincia di Lecce sono stati raccolti l”83% dei questionari, mentre nella Provincia di Brindisi il restante 17%. Le percentuali sono in linea con gli andamenti delle dimissioni delle due Province. 

Il 15% delle dimissionarie sono laureate oppure hanno un dottorato, il 46% una licenza superiore, il 15% hanno una qualifica professionale e il restante 24% la licenza media o elementare. Inoltre, anche se le dimissionarie sono in gran parte operaie (60%) oppure impiegate (37%), c”è un 3% che ha ricoperto il ruolo di quadro o dirigente. 
Oltre le caratteristiche delle dimissionarie il questionario ha anche valutato la percezione del livello di adeguatezza del loro lavoro con le competenza professionali possedute, cercando in questo modo una misura il livello di soddisfazione lavorativa rispetto all”impegno adottato nella fase degli studi.

È risultato che l”83% delle donne ritiene che il lavoro che ricopriva rispecchiava le proprie competenza e in alcuni casi (5%) era addirittura superiore. 
In fine, più del 10% delle donne che hanno consegnato le dimissioni si sono rese disponibili per una seconda intervista di profondità, dimostrando una buona sensibilità verso l”argomento ed anche una volontà di esprimere le proprie esperienze. 

Il secondo passo del progetto è quello delle “interviste di profondità”, già iniziate, partendo dagli operatori delle Direzioni provinciali del lavoro che si occupano di ricevere le dimissionarie, per poi coinvogere le donne che hanno dato la disponibilità a partecipare alla ricerca.





Il ruolo delle politiche di conciliazione


Qual è il ruolo delle politiche di conciliazione in uno scenario, come quello attuale, caratterizzato da difficoltà economiche a tutti i livelli? Se lo sono chiesto la consigliera regionale di Parità Serenella Molendini e l”assessora regionale al Welfare Elena Gentile.

È possibile pensare ad esse come a una delle coordinate in base a cui definire “un nuovo patto sociale” oppure l”attuale fase di recessione stimola riflessioni su questioni ritenute più rilevanti? 

Secondo Molendini e Gentile la riflessione sulle tematiche della conciliazione non è rimandabile. Ecco perché il loro invito è a considerare le due parole chiave di “condivisione” e “armonizzazione”, considerando di primaria importanza il coinvolgimento maschile e l”opportunità di riconsiderare il rapporto tra famiglia e lavoro.

Un lavoro che tenga conto della famiglia, dei tempi di cura e delle flessibilità che necessariamente questa richiede, è il lavoro in cui le donne possono trovare spazio, tenendo presente il fatto che “una maggiore qualità del lavoro e quindi una maggiore produttività passa anche attraverso un clima migliore nei luoghi di lavoro, conseguenza di un”attenzione alle problematiche di genere e alle tematiche della conciliazione”. 



”Il contesto con il quale ci rapportiamo – hanno sottolineato – evidenzia che la presenza femminile nel mercato del lavoro continua, infatti, ad accompagnarsi a un divario di genere e a una condizione di grande fragilità”. 
In questa direzione vanno le proposte per migliorare la qualità del lavoro e della vita di donne e uomini pugliesi: il progetto “Impresa conciliante” ed il progetto “Distretto famiglia”. Il primo, elaborato nell”ottica della sensibilizzazione delle aziende alle esigenze delle donne lavoratrici; il secondo per la creazione di una rete di servizi pubblico-privati tra le diverse realtà presenti sul territorio, che possa fungere da leva di sviluppo del sistema economico, culturale e sociale. 


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