Anna Maria Scarfò: una rete di solidarietà contro la violenza | Giulia
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Anna Maria Scarfò: una rete di solidarietà contro la violenza

Giovane, isolata dal paesino della provincia reggina in cui viveva, violentata dal branco, indifesa. La storia di Anna Maria Scarfò è una storia di estremo coraggio.[Angela Corica]

Anna Maria Scarfò: una rete di solidarietà contro la violenza
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1 Marzo 2012 - 18.06


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Giovane e donna, isolata dal paesino della provincia reggina in cui viveva, violentata più volte dal branco, indifesa. La storia di Anna Maria Scarfò, nonostante tutto, è una storia di estremo coraggio. Il coraggio che lei, ancora minorenne, ha trovato per denunciare chi, ripetutamente e in gruppo, la stuprava. Quando fu invitata a portare con sé anche la sorella Concetta – per farla partecipare a quegli squallidi incontri forzati – non ce l’ha fatta più e ha rotto il muro del silenzio. Ha denunciato anni di violenze e persecuzioni, iniziati quando lei aveva ancora 13 anni. Chi ha abusato di lei è già stato condannato.

Ma non è bastata quella condanna a farle vivere una vita normale. Sia perché quelle immagini di brutale violenza ancora sono davanti ai suoi occhi, sia perchè questa vicenda non si è completamente chiusa. Lo scorso lunedì, infatti, il giudice monocratico del Tribunale di Cinquefrondi (sede staccata del tribunale di Palmi), Giuseppe Ramondino, non ha potuto fare altro che accogliere le istanze dei legali di quattro dei sedici imputati e sospendere l’udienza, decidendo la rimessione del processo scaturito dalle denunce per minacce contro Anna Maria. Per gli avvocati non era opportuno fare partecipare il pubblico e la stampa al processo, per il clima di tensione che si era creato nei giorni che hanno preceduto l’udienza. E perché, gruppi di associazioni erano presenti in aula a manifestare il sostegno alla ragazza che oggi ha 26 anni. “Una eccessiva pressione mediatica – per i legali – non consentirebbe una serena decisione del giudice monocratico di Cinquefrondi”. A pronunciarsi sul caso, dunque, ora sarà la Cassazione.

È vero: per la prima volta dopo tantissimi anni, la stampa – locale e nazionale – ha acceso i riflettori sul caso Scarfò. La giovane non è più sola. A supportarla cittadini e associazioni, non solo locali. Ma, dall’altra parte, c’è sempre la comunità di San Martino, quella comunità che ha condannato Anna Maria attribuendole l’etichetta di “puttana”, provocatrice. Per quella comunità, maschilista e piuttosto arretrata, lei è colpevole. Dopo essere stata violentata la prima volta e aver chiesto aiuto al prete della piccola frazione del comune di Taurianova, San Martino, tutti le hanno girato le spalle e lei ha continuato a subire in silenzio. Per paura. Anna Maria è ‘colpevole’, solo di essere donna e, ancora una volta, sola. Ha subito diverse pressioni, minacce di morte, il bucato sporco di sangue la notte, telefonate anonime, il cane ammazzato. Lei e la sua famiglia sono stati costretti a chiudersi in casa. Lunedì a Cinquefrondi, i parenti aspettavano gli imputati a braccia aperte e guardavano con occhi di sfida giornalisti a associazioni che invece circondavano la giovane donna.

Fino a quando non ha denunciato i suoi persecutori la sua vita a San Martino è proseguita fra privazioni e silenzi. Mai nessuno le avrebbe dato un lavoro, mai nessuno l’avrebbe sostenuta concretamente, mai nessuno si sarebbe scontrato con chi le dava fastidio. Riesce a entrare nel programma di protezione per stalking, va finalmente via dalla Calabria. Ma appena il giudice decide di rinviare il processo non ce la fa, scoppia in lacrime. La madre si sente male a abbandona l’aula. Tra gli imputati ci sono anche tre dei suoi stupratori. Il suo avvocato, Rosalba Sciarrone, non smette di starle vicino. “Anna Maria ha affrontato tutti i suoi processi da sola – non esita a dire – non ha mai avuto l’appoggio del paese, la stampa ha taciuto. Anna Maria è comunque stata ammessa ad un programma di protezione. Oggi non ha la solidarietà di associazioni ma di uomini e donne che hanno letto la sua storia. Anna Maria ha affrontato da sola anche il processo per violenza carnale”. L’avvocato non ha dubbi: “oggi è una giornata di vittoria – dice nonostante la notizia del rinvio – l’istanza è infondata. Abbiamo vinto perché per la prima volta abbiamo rotto il muro del silenzio e proprio questo ha fatto paura”.

L’udienza adesso si svolgerà senza la presenza del pubblico e della stampa. Ma non importa. Ormai Anna Maria sa di poter contare su centinaia di persone che l’hanno raggiunta da Catania, da Reggio Calabria e da Napoli. Una rete di solidarietà partita dal web.
Due mondi che si scontrano. Da una parte il Sud in cerca di riscatto, vicino alle vittime e a chi subisce delle ingiustizie. Dall’altro lato, la parte arretrata di un Sud che non vuole cambiare, che continua a trovare la forza nell’omertà e nel silenzio. Il silenzio che ha contraddistinto la piccolissima comunità ai piedi dell’Aspromonte. Anna Maria però guarda avanti e, nonostante non voglia essere ripresa per motivi di sicurezza né scambiare molte parole con i giornalisti, trova la forza per dire: “mi sento meno sola”.

Fra le associazioni a sostegno di Anna Maria:

Fondazione “Giovanni Filianoti”

Associazione Antimafie “Rita Atria”

Le autrici di “Non è un paese per donne”

Le Siciliane – Casablanca

Libera – Reggio Calabria

Comitato “Se non ora quando?” – Reggio Calabria

Associazione “Jineca” Reggio Calabria

Stopndrangheta.it

Centro antiviolenza sulle donne e sui minori “Margherita”

Arcigay “I due mari”

Associazione Auser Palmi

Associazione Parallelo 38^ Taurianova

ActionAid

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