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Gli studenti preferiscono la rettrice

Marisa Porrini potrebbe conquistare la poltrona più alta della Statale di Milano puntando nel suo programma anche su giovani ricercatori e pari opportunità. Di [Camilla Gaiaschi]

Gli studenti preferiscono la rettrice
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29 Ottobre 2012 - 16.20


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Conto alla rovescia alla Statale di Milano. Dopo undici anni di rettorato, Enrico Decleva si appresta a lasciare. Novità nella novità: a sfidare il candidato Gianluca Vago, professore del dipartimento di Biotecnologie mediche e medicina traslazionale nonché direttore dei servizi diagnostici dell’Humanitas giunto al ballottaggio con 753 preferenze, sarà una candidata donna: Marisa Porrini, ex preside di Agraria e 525 preferenze incassate durante la precedente tornata elettorale. Cinquantotto anni e un lungo curriculum scientifico alle spalle, potrebbe essere lei la prima rettrice nella storia dell’Ateneo. L’esito della votazione, che si terrà lunedì, non è scontato viste le poco prevedibili scelte degli elettori che nelle due precedenti tornate avevano votato gli altri quattro candidati in corsa, poi esclusi: Paola Campadelli, Domenica Cappellini, Francesco Ragusa e Giovanni Lucignani. Comunque vada la consultazione elettorale, una cosa è certa: in un contesto nazionale desolante per quanto riguarda la rappresentanza di genere nelle Università (le donne rettrici sono 5 su 79 atenei), la campagna elettorale di Unimi (Università degli Studi di Milano) ha segnato il passo. Non solo perché le donne hanno costituito la metà dei candidati (3 su 6), ma anche perché hanno ottenuto, sommate, la maggioranza dei voti in entrambe le tornate. E forse non è un caso che ad arrivare al ballottaggio sia stata proprio una donna che per le pari opportunità si è sempre battuta, in un dipartimento (quello di Scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente) che oggi conta il 55% di donne ordinarie. Chi la conosce, poi, ne sottolinea la correttezza e la capacità di lavorare in gruppo. È tempo di una nuova leadership al femminile? Lo chiediamo direttamente a lei.

Cominciamo dalle pari opportunità, uno dei suoi punti in programma.

Provengo come lei ha detto da un’isola felice, quella di agraria ma nemmeno il mio percorso è sempre stato facile, al contrario, ho dovuto stringere i denti. Tenere tutto insieme – lavoro e famiglia – non è scontato. Molte volte ho avuto la tentazione di lasciare perdere e credo sia un problema che vivono molte donne. Le pari opportunità, insomma, me le sono guadagnate e questo mi ha portato ad avere una sensibilità al tema. La nostra facoltà assieme a quella di medicina aderisce ad un programma europeo che promuove l’accesso delle donne alle carriere scientifiche. Purtroppo però c’è ancora molto da fare. E accanto al ruolo, prezioso, del comitato pari opportunità, vorrei promuovere questo genere di azioni positive con l’obiettivo di fare empowerment e dare spazio alle potenzialità femminili.

La seconda tornata elettorale si è chiusa con un risultato netto: gli studenti per Porrini, il personale per Vago. Come se lo spiega?

Il voto degli studenti mi ha riempito di gioia ed è il risultato di anni di conoscenza reciproca. Mi ha fatto piacere constatare che avevano letto il programma soffermandosi sui contenuti piuttosto che sulle etichette che con facilità sono state assegnate dalla stampa ai candidati. Quanto al personale, e lo dico senza polemiche, credo che le prese di posizione da parte di alcune sigle sindacali contro alcuni candidati non abbia permesso un’analisi attenta dei contenuti.

Le etichette, appunto: è stata definita dai giornali come la candidata della continuità.

Ed è una cosa che mi ha addolorato. Ho scelto di non entrare in questo confronto, del tutto svilente, rispondendo con il programma. I contatti che ho avuto con Decleva si sono sempre iscritti nel quadro del lavoro che ho svolto nei due anni in Senato accademico. Punto.

C’è chi le ha rimproverato di aver votato, da senatrice, il nuovo statuto da più parti criticato.

Mi è spiaciuto che l’approvazione del nuovo statuto previsto dalla riforma Gelmini sia stata strumentalizzata per attribuirmi l’etichetta della continuità. Non tornerei sui miei passi. Il Senato di cui ho fatto parte ha approvato a maggioranza uno statuto che è il frutto di un equilibrio tra posizione diverse. Non appoggiarlo sarebbe stato un grosso errore perché avrebbe significato o il commissariamento o il mancato rinnovo della carica di rettore ma non era quello che l’Ateneo voleva in quel momento. Sono pragmatica: questo statuto non è scritto nel marmo, sperimentiamolo per capire quali sono i punti deboli e, nel rispetto della legge, modifichiamolo laddove non funziona.

Fra poco sarà eletto il nuovo cda, 250 docenti hanno firmato una lettera per chiedere che si rendano pubblici i nomi dei candidati. La sua posizione?

Il Senato sta discutendo al suo interno, i dubbi riguardano la legittimità di comunicare i nominativi visto che ai candidati non era stato detto che i loro nomi sarebbero stati resi pubblici. Credo che il rettore debba sempre lavorare in un clima di collaborazione con il Senato ma penso anche che sarebbe opportuno cogliere questa occasione per fare trasparenza. Il cda non dovrebbe essere nominato finché non si sarà fatta chiarezza su questo punto. Mi impegnerò a verificare che non ci siano restrizioni legali a rendere pubbliche le candidature e in ogni caso proporrò di riscrivere il regolamento.

Nel suo programma si sofferma sui giovani ma il blocco del turn-over non lascia molto spazio di manovra.

Non impedisce però di puntare sui giovani, e con questo intendo dottorandi, assegnisti e ricercatori, che sono il motore della ricerca e che a mio avviso dovrebbero dedicarsi esclusivamente ad essa, contrariamente a quanto sostiene la riforma Gelmini. La situazione è drammatica, se non si sblocca il turn-over l’Università pubblica se ne va. È per questo motivo che come primo punto ho scritto che è necessario che Unimi acquisisca un ruolo centrale nei confronti delle istituzioni centrali (ministero, Crui ovvero la Conferenza dei Rettori delle Università italiane) per portare avanti le istanze dell’Università pubblica. Aprirsi ai finanziamenti esterni è irrinunciabile ma qui c’è in gioco l’esistenza dell’Università pubblica. Dobbiamo far valere le nostre ragioni.

Il suo programma in cinque punti?

Rilancio di Unimi nei processi decisionali nazionali, semplificazione burocratica e trasparenza delle procedure amministrative, rafforzamento della governance di ateneo puntando a superare il dualismo centro-periferia, investimenti in ricerca e, naturalmente, pari opportunità per tutti.

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