Codice Rosso è legge e scoppia la polemica | Giulia
Top

Codice Rosso è legge e scoppia la polemica

Le dure reazioni di Cgil, Cisl e Uil e dei Centro Antiviolenza Di.Re. Non sono state prese in considerazione le criticità espresse durante le audizioni

Codice Rosso è legge e scoppia la polemica
Preroll

Redazione Modifica articolo

17 Luglio 2019 - 22.34


ATF

Il nuovo Codice Rosso non piace. Non piace proprio. Ma ora è legge il “disegno di legge in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, passato al Senato con 197 si, nessun no e 47 astenuti (Pd e Leu). Le novità principali sono il fatto che c’è il Revenge Porn (costato tanta fatica alla Camera) e che non c’è la castrazione chimica (ma la maggioranza avverte che ci sarà un provvedimento ad hoc). 
Quello che non piace è quello che non c’è. Immediate le reazioni di Cgil-Cisl e Uil, che nel comunicato (firmato da Giorgia Fattinnanzi, Liliana Ocmin, Alessandra Menelao) “è un’occasione mancata”  e di Di.Re, per cui il provvedimento “rende ancora più rischioso denunciare la violenza. Dietro all’ennesima legge manifesto le donne sono ancora più sole”.



La reazione di CGIL-CISL-UIL

“L’approvazione del “Codice Rosso” è un’occasione mancata per fare un vero passo avanti sul tema della violenza maschile contro le donne – dicono Cgil-Cisl e Uil –. Pur apprezzando l’introduzione di fattispecie di reato importanti come il “revenge porn”, i matrimoni forzati e le lesioni permanenti del viso, riscontriamo che le criticità che avevamo avanzato, durante le audizioni, non sono state prese in considerazione.
In particolare, ci preoccupa l’ascolto della vittima entro tre giorni, perché rappresenta un’arma a doppio taglio. Il momento successivo alla denuncia è quello a più alto rischio per la vittima poiché essa è lasciata sola. Riteniamo che la donna debba sentirsi protetta e sostenuta. Talvolta la donna non sentendosi adeguatamente salvaguardata ritratta la denuncia. Inoltre, si rifà strada l’idea che la vittima menta, che usi la denuncia per violenza come vendetta nei confronti dell’ex compagno.
Non ci convince l’istituzione dell’Osservatorio presso il Ministero di Grazia e Giustizia perché riconduce questo tema a fatto da risolvere solo sul piano repressivo, mentre la battaglia che stiamo portando avanti è culturale e riguarda i temi della Prevenzione, della Protezione, della Punizione e delle Politiche integrate. Per questo riteniamo importante agire correttamente sul piano formativo in particolare per quanto riguarda la formazione degli operatori di polizia, dei carabinieri dei magistrati e di tutti gli operatori che a vario titolo hanno a che fare con le vittime di violenze. 
Vogliamo ricordare che è stato appena svolto un censimento dei centri antiviolenza, sostenuto con fondi pubblici, che rischia di essere inutile perché il “Codice Rosso” non annovera i risultati del censimento all’interno della norma.
Infine, il “Codice Rosso” ha un’invarianza di spesa e questo ne riduce di fatto la sua efficacia e portata.

Per i Centri Antiviolenza (Di.Re): 
“Nessuno dei rilievi sollevati nel corso delle audizioni da D.i.Re e da innumerevoli altri/e esperti/e è stato preso in considerazione. Tutti gli emendamenti migliorativi presentati dall’opposizione sono stati rigettati senza alcuna motivazione. Così ora, mentre la maggioranza si pavoneggia con l’ennesima legge ideologica ed emergenziale, per le donne che subiscono violenza denunciare diventa ancora più rischioso”.
Non nasconde la propria preoccupazione per l’approvazione senza modifiche del Codice Rosso Lella Palladino, presidente di D.i.Re-Donne in rete contro la violenza, la più grande organizzazione nazionale che si occupa di violenza contro le donne, con riferimento in particolare alle disposizioni che danno al magistrato 3 giorni di tempo per sentire la donna e disporre eventuali misure di protezione.
“La denuncia è solo il primo passo di un percorso che per le donne spesso si trasforma nell’ennesimo calvario, come hanno dimostrato i tanti interventi al convegno che abbiamo organizzato oggi: nelle aule dei Tribunali la loro parola non è creduta, la loro vita privata giudicata, la violenza subita non viene presa in considerazione quando si tratta dell’affido dei figli”, prosegue Palladino.
“Tutti questi problemi restano insoluti. Non si investe un euro per la formazione di forze dell’ordine e personale giudiziario, terribilmente necessaria perché la violenza contro le donne, di cui tutti parlano è un fenomeno che in realtà pochi conoscono davvero”, prosegue la presidente. 
 “D’altronde cosa aspettarsi da una norma concepita più per smascherare le false denunce? Già adesso le donne si sentono dire che denunciando la violenza hanno rovinato la famiglia. Per questo governo, è evidente, sono le donne il problema, non gli uomini violenti”, conclude Palladino.

Native

Articoli correlati