È passato qualche annetto da quando le femministe bruciavano i reggiseni in piazza. Allora serviva soprattutto a “étonner les bourgeois”, lasciare a bocca aperta i benpensanti, che facevano dei lacci e laccioli che costringevano il corpo femminile (dai piedi, con i sandali “alla schiava” – ma pensa un po’ che nome – ai reggicalze, veri strumenti di tortura, a volte persino i busti e i mezzibusti, fino ai reggiseni con un mucchio di gancetti da azzeccare), uno dei capisaldi della femminilità.
Sono passate le generazioni, e i reggiseni son tornati in gran spolvero, armati di push up e di ferretti, ma tant’è. Chi lo porta e chi non lo porta. Non è più scandalo. O così pensavamo… ll caso di Carola, “odiata” dai social perché presunta senza reggiseno, ha rianimato le battaglie delle femministe, che sulle orme delle nonne tette-al-vento rilanciano una campagna contro il reggiseno, in solidarietà alla Capitana.