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L'informazione in Sardegna ha la voce delle donne

In un volume del CoReCom regionale il ruolo di GiULiA nel linguaggio di stampa e tv. Intervista alla nostra coordinatrice Susi Ronchi. [Di Maria Grazia Marilotti]

L'informazione in Sardegna ha la voce delle donne
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Maria Grazia Marilotti Modifica articolo

16 Ottobre 2019 - 01.35


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“La nuova avanguardia dell’informazione in Sardegna è donna, ma bisogna imparare a leggere tra le righe”. Così Roberta Celot, responsabile Ansa Sardegna, vice coordinatrice e co-fondatrice di Giulia Giornaliste assieme a Susi Ronchi, la coordinatrice e prima notista politica del tgr regionale RAI. 
“A leggere le cronache sempre più emerge una narrazione pluralista più che mai necessaria, perché raccontare un mondo solo al maschile non offre una corretta rappresentazione della realtà”, spiega Susi Ronchi.
Sono due tra le tante voci femminili a cui dà spazio il volume “Dalla prima radio libera alla scoperta del web – Storia e personaggi di spicco dell’informazione in Sardegna”.

Promosso da CoReCom Sardegna guidato da Mario Cabasino, curato da Alessandro Zorco, è frutto di un progetto di ricerca in collaborazione con l’Università di Cagliari che ha coinvolto due borsisti, Roberta Cocco e Giampaolo Zammarchi, della facoltà di Scienze della Comunicazione.

400 pagine per raccontare tra luci e ombre, attraverso interviste, testimonianze, riflessioni, aneddoti, ritratti e immagini, 70 anni di informazione nell’Isola.

Dalle pagine emerge una Sardegna pionieristica. Sull’ Isola dei Nuraghi ha visto la luce il primo internet provider al mondo, Videonline di Niki Grauso. E ora dopo la rivoluzione digitale è in atto quella culturale. La portano avanti ogni giorno con sempre maggiore consapevolezza direttrici, redattrici, freelance, collaboratrici, addette stampa, fotografe. In prima linea l’associazione Giulia Giornaliste Sardegna a cui il libro dedica un capitolo e una intervista alla coordinatrice Susi Ronchi.

È legata al linguaggio, al dar voce a chi voce non ha, alla valorizzazione dei talenti femminili, alla necessità di una diversa rappresentanza e rappresentazione della metà della popolazione. Al veicolare contenuti innovativi rispetto agli stereotipi imperanti. Al rappresentare la realtà con esempi positivi, al raccontare non solo di soggetti deboli, vittime o sante ma di protagoniste del processo produttivo, sociale, culturale, creativo. 

“Un’azione consapevole declinata nel taglio da dare alla notizia, nella scelta di titoli, foto, didascalie e parole per raccontare il femminicidio”, spiega intervistata nel volume Maria Francesca Chiappe, capocronista de l’Unione Sarda. “Di fronte a un caso di  femminicidio – spiega Roberta Secci  (giulia) redattrice Agi Sardegna – abbiamo il dovere di dare conto anche del contesto, dei grovigli emotivi, delle relazioni  malate, ma facendo attenzione a non scadere in una narrazione semplicistica che magari finisce per derubricare la violenza come raptus o nel dare l’impressione che si stia giustificando il carnefice”.

Nell’intervista Susi Ronchi spiega: “Le donne col loro sguardo e sensibilità differenti possono proporre contenuti diversi per abbattere gli stereotipi attraverso un nuovo linguaggio mediatico e attraverso questo approccio, interpretare la realtà, alla luce delle azioni, dei pensieri, dei bisogni e desideri di donne e uomini”. Sfogliando il libro in un mondo dell’informazione prevalentemente al maschile, le presenze femminili si fanno sempre più frequenti, tra citazioni e interviste.

Dagli esordi faticosi con la prima giornalista iscritta all’albo dei professionisti nel 1978, Maria Paola Masala, per decenni firma autorevole de l’Unione Sarda, ai risultati odierni con stimate croniste e redattrici che pian piano con professionalità e determinazione hanno acquisito titoli importanti e ruoli apicali. “La Stampa sarda ha recepito il cambiamento. Una tendenza da confermare e trasformare da “caso” a normalità”, sottolinea Alessandra Sallemi (Giulia) al web de La Nuova Sardegna. Nei ruoli apicali giornaliste come Anna Piras direttrice del tgr regionale RAI, Simona De Francisci, vice direttrice di Videolina, Alessandra Addari (giulia) direttrice di Tcs, Rosanna Romano capo ufficio stampa in Consiglio regionale.

 

“Con la presenza sempre più riconoscibile e determinante delle donne nel mondo del giornalismo,  cresce la necessità di una rottura sul piano linguistico espressivo, e quindi  dei contenuti, degli stereotipi”, aggiunge Daniela Scano, capocronista de La Nuova, apprezzata testimonial di “La conosci Giulia?” spettacolo che ha acceso i riflettori sul tema del linguaggio di genere e informazione.

Sono parole.

“Ma le parole sono importanti. Sono lo strumento fondamentale per dare forma ai pensieri. La parola è la chiave con la quale cerchiamo di aprire la scatola meravigliosa che contiene tutto ciò che ci circonda”, spiega Anna Brotzu (Giulia) ufficio stampa del Cedac. Se sfogliando i giornali o navigando nel web la donna è ancora rappresentata poco e male, “serve un’azione di rottura, di parola e di pensiero che scardini una visione ormai anacronistica”, aggiunge Anna Piras.

Una “nuova avanguardia”, per riprendere il concetto di Roberta Celot, per costruire assieme, al di là dei generi, una realtà riconoscibile da tutti. La strada è tracciata. 

Molto lavoro resta ancora da fare, nelle mani anche delle nuove generazioni.

 

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