A proposito di Romina, decapitata dal padre per l'onore | Giulia
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A proposito di Romina, decapitata dal padre per l'onore

Romina Ashrafi aveva 13 anni e stava per sposare un uomo di 35, contro la volontà della famiglia. Non possiamo chiudere gli occhi perché "è successo dall'altra parte del mondo". [Di Marilù Mastrogiovanni]

A proposito di Romina, decapitata dal padre per l'onore
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Marilù Mastrogiovanni Modifica articolo

30 Maggio 2020 - 23.43


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Lei è Romina Ashrafi, aveva 13 anni ed è stata decapitata dal padre perché in Iran esiste il delitto d’onore.
Si, quello che in Italia è esistito fino al 1981 e che estingueva il reato se una ragazza, violentata, avesse poi sposato il violentatore.
Quello che veniva definito “matrimonio riparatore”, serviva ad estinguere il reato dell’uomo, “riparando” il “danno”, la deflorazione, la perdita della verginità, cioè la rottura dell’imene, un pezzo di pelle collocato all’ingresso della vagina, considerato di proprietà della famiglia anzi, della società.
Infatti, fino al 1996 (sic!) il reato di violenza sessuale non era un reato contro la persona, contro la ragazza violentata, ma contro la società.
Un delitto contro la “morale” pubblica.
Rompendo quel pezzo di pelle, l’imene, si offendeva la morale sociale, perché la donna era proprietà della società.
Perché? Perché era la donna, una volta sposata, incaricata di tramandare i valori patriarcali a cui attenersi.
Ora, il delitto d’onore e il reato di violenza sessuale contro la morale non esistono più, benché il Codice Rocco, di stampo fascista, non sia stato ancora totalmente abolito, tant’è vero che esiste ancora il carcere per i giornalisti, stabilito proprio dal codice Rocco.
Il problema non è questo. Il problema è che tutti, ma proprio tutti i giornalisti italiani, maschi e femmine, hanno parlato di questo episodio che ha scioccato mezzo mondo, riferendo di una “ragazza” che “amava un uomo più grande di lei”. Ho letto anche il titolo “fugge per amore”.
Questa è la stessa bestialità di chi scrive “baby squillo” e “baby prostitute”, rivolto a ragazze adolescenti indotte alla prostituzione da ambienti sociali e familiari degradati.
Un bambina di 13 anni non Ama un uomo più grande di lei di 23 anni, ma è stata da lui manipolata, forse violentata, forse è stata soggiogata.
Non lo sappiamo.
C’è un padre che ha decapitata una figlia per gli stessi motivi che fino al 1981 anche In Italia erano giustificati dalla legge.
Ancora oggi ci sono in Italia, ogni tre giorni, uomini che uccidono figlie, fidanzate, sorelle, madri, mogli, amiche, perché le considerano di loro proprietà.
Ci sono ancora oggi, giornalisti e giornaliste, che scrivono “ha picchiato la moglie senza motivo” (come se invece si potesse picchiare la moglie se si fosse giustificati a farlo da un motivo ragionevole).
E ci sono ancora oggi giornalisti e giornaliste che scrivono che una bambina di 13 anni “amava” un uomo di 35, solo perché è un fatto accaduto dall’altra parte del mondo, in Iran, e allora lì si può fare, è ragionevole, non è violenza, non è stupro, non è rapimento. Sono altre culture, vero? Sono robe strane che non capiamo.
Ah, sentite questa: lì le ragazze sviluppano prima. Anche questa ho sentito.
Non sono spose bambine, vero? Perché non sono figlie vostre. Perché lì si fa così e va bene.
Immaginate vostra figlia 13enne con un uomo di 35 anni. E poi vediamo se scrivete “amava” un uomo più grande.
E’ un orrore.
Questa cultura patriarcale e colonialista è un orrore e ne siamo così intrisi da non riconoscerla.
Da non saper distinguere uno stupro da un atto d’amore, una decapitazione da un femminicidio.

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