La prima udienza: Marilù Mastrogiovanni racconta | Giulia
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La prima udienza: Marilù Mastrogiovanni racconta

Pubblichiamo il post della collega di GiULiA finita "alla sbarra" insieme ai suoi offender. Anche la Regione Puglia, per decisione del presidente Emiliano, si costituisce parte civile.

La prima udienza: Marilù Mastrogiovanni racconta
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Marilù Mastrogiovanni Modifica articolo

23 Ottobre 2020 - 01.28


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“Ecco che cosa è successo oggi in Tribunale, a Lecce.
Hanno chiesto di costituirsi parte civile al mio fianco, chiedendo i danni a chi mi ha minacciata e offesa, come persona, come donna, come lavoratrice, come giornalista:
-Federazionale nazionale della stampa italiana
– Ossigeno per l’Informazione con L’Ordine nazionale dei giornalisti
-l’Udi, Unione delle donne italiane
-la Regione Puglia, su mandato diretto del presidente Emiliano
-la Consigliera regionale di parità
-la Fondazione Pangea onlus
-il centro antiviolenza Giraffa onlus di Bari
-la cooperativa di giornalisti Idea Dinamica, casa editrice del Tacco d’Italia.
Non si è presentato in aula né si è costituito parte civile l’allora sindaco di Casarano Gianni Stefano, né Luca Legittimo, che commissionò i manifesti che mi rappresentavano seppellita in una fossa.
Si è costituito parte civile contro di me l’ex consigliere comunale Gigi Loris Stefano, colui che mi ha minacciata e offesa sui social a causa delle mie inchieste sulla sacra corona unita in cui spiegavo che era considerato dagli inquirenti “contiguo e assonante” alla sacra corona.
Non è stato bello vederlo affianco a me in aula.
Ma questa è la ritualità della giustizia umana.
E noi umani siamo, con tutte le nostre debolezze e fallacità.
È stato invece bellissimo ed emozionante vedere tutti gli avvocati e avvocate schierati e in piedi, con la toga, a difesa non di una giornalista, ma dell’articolo 21 della Costituzione italiana. E le avvocate, non a difesa di una sola donna ma del diritto di tutte le donne a lavorare e vivere in una società in cui non si sia costrette a subire discriminazioni, sessismi, violenze e minacce in quanto donne, solo perché donne.
La mafia affonda le sue radici in un humus culturale patriarcale. Sconfiggere il patriarcato significa sconfiggere la mafia. Smantellarla pezzo a pezzo, dalle basi.
Questi due impegni, per me, corrono paralleli.
E su questo m’impegno, da 20 anni.
E continuerò a farlo finché avrò forza”.

(qui la storia del processo)

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