A Parigi vanno in scena tante prime volte e non sono solo sport ma medaglie per i diritti | Giulia
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A Parigi vanno in scena tante prime volte e non sono solo sport ma medaglie per i diritti

Un'Olimpiade di tante prime volte: come il primo oro nella trave di D'Amato, o quello nel doppio di Paolini e Errani. Ma anche la prima medaglia per il team dei rifugiati, conquistato da una pugile camerunense e attivista Lgbtq+

Kimia Yousofi
Immagine dal profilo instagram dell'afgana Kimia Yousofi
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Caterina Caparello e Elena Miglietti Modifica articolo

6 Agosto 2024 - 21.33


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INNI D’ITALIA, CENTENARISMI E TRAGUARDI

Le Olimpiadi di Parigi hanno letteralmente sbloccato un nuovo livello nello sport praticato dalle donne. Un livello che oltrepassa le vittorie, che le supera per salire sempre più in alto, per rompere un soffitto non di cristallo, ma di mattoni. Gli obiettivi mai raggiunti, né da atlete donne che da atleti uomini. Alice D’Amato incarna perfettamente questa teoria. L’oro che ha conquistato nella specialità della trave, all’interno della ginnastica artistica, è un oro mai ottenuto da nessun italiano. Lei sì. Sono traguardi che abbattono stereotipi di “prime volte” considerate solo maschili. In effetti, scrivere e leggere la locuzione “prima medaglia in assoluto” è ciò che dà la possibilità concreta di rimanere nella storia. Una storia declinata al maschile. D’Amato ha abbattuto uno stereotipo, ha portato, da atleta, la prima medaglia e il primo oro in una disciplina il cui podio non era stato ancora sfiorato da un piede azzurro. Un oro arrivato dopo l’amaro quarto posto alle parallele asimmetriche. Eppure, non è finita. Manila Esposito con il suo bronzo nella stessa disciplina, ha esteso maggiormente quel primato. Due medaglie per l’Italia alla trave. Ma non è finita, poiché in realtà tutto inizia dalle urla di gioia di altre due sportive. Jasmine Paolini e Sara Errani. Un altro podio fondamentale. Un altro smantellamento di quel soffitto. Non solo hanno raggiunto la finale olimpica, per la prima volta in assoluto, ma hanno anche vinto l’oro. Solo 100 anni fa, il bronzo veniva vinto da Uberto De Morpurgo nel 1924, proprio a Parigi, e che Lorenzo Musetti, nel 2024, è riuscito solo ad eguagliare. Le due tenniste, invece, sono andate al di là. A cantare l’inno d’Italia con gli occhi pieni di gioia sul gradino più alto del podio è stata Marta Maggetti nel windsurf. Una vittoria che porta un’ulteriore nota storica: 24 anni fa era stata Alessandra Sensini con l’oro a Sydney nel 2000 (dopo il bronzo ad Atlanta 1996, ad Atene 2004 e l’argento a Pechino 2008). Maggetti è stata vento e, come tale, si è posata sul gradino dorato. Per non parlare di Diana Bacosi e del suo secondo oro, dopo Rio 2016 individuale, nello skeet di tiro a volo in coppia con Gabriele Rossetti. Un altro traguardo, colpito in pieno.

OBIETTIVI DA PORTARE CON SÉ E SUPPORTARSI A VICENDA

Quando si sfiora un’impresa ciò che rimane è il rimpianto ma anche la soddisfazione. Una soddisfazione che cresce fino a trasformarsi in motivazione. In credere che, la prossima volta, l’intento verrà raggiunto. E spesso avviene. Simona Quadarella, dopo aver raggiunto il quarto posto nei 1500m stile libero, ha ottenuto lo stesso risultato anche negli 800m. Amarezza? Sì. Voglia di rivalsa? Completamente alle stelle. Ed è questo il significato della parola sport. Inoltre, Quadarella con il suo 8:14.55, ha decretato il nuovo record italiano. Allo stesso modo Nadia Battocletti. La sua è stata una gara pazzesca caratterizzata da un recupero mozzafiato. Quarta nei 5000m dietro a Beatrice Chebet (oro), Faith Kipyegon (argento) e Sifan Hassan (bronzo). Battocletti, ha anche vissuto attimi di emozione molto forti, mantenuti comunque con lucidità, in merito alla squalifica di Kipyegon poi riammessa. In ogni caso, è stato per lei un miglioramento importante, ottenendo con 14’21”64 il record italiano. Ma c’è un altro aspetto che spesso nello sport avanza in sordina e non viene affatto considerato. Il lavoro di squadra. Il supporto tra atlete che gareggiano in una stessa disciplina, ma che fanno parte della stessa squadra, dello stesso colore. E che, nonostante la rivalità, lavorano insieme, si danno forza a vicenda. È il caso di Roberta Bruni e Elisa Molinarolo. Le due atlete si sono qualificate, entrambe, nella finale di salto con l’asta (che si terrà mercoledì 7) e, in un’intervista Rai, hanno dato delle importanti dichiarazioni che sottolineano proprio quest’altro aspetto dello sport. Bruni e Molinarolo si ritrovano unite alle Olimpiadi dalla stessa disciplina e dallo stesso team di allenatori, ma durante le gare nazionali e internazionali sono avversarie. Durante questi giorni di allenamenti in azzurro si supportano a vicenda attraverso consigli e parole spronanti. Sentirle dire di essere, l’una per l’altra, lo stimolo necessario per fare sempre meglio, sempre di più, è l’emblema dello sport.

GARE OLIMPICHE CHE LASCIANO IL SEGNO

Le atlete olimpiche gareggiano per l’oro. Ma anche per loro stesse, per le proprie battaglie e, anche, per scuotere le coscienze. Kimia Yousofi è arrivata ultima nella sua batteria dei 100m, ma non le è importato. Ciò che contava era riuscire a mostrare, dopo la gara, la parte posteriore del pettorale che ha poi tenuto tra le sue mani e su cui era scritto «Istruzione. Sport. I nostri diritti». Lei è un’atleta afghana, una delle poche facenti parte della squadra, ma vive in Australia, come rifugiata, da quando i talebani hanno conquistato il suo paese, nel 2021. Non ha voluto far parte del team dei rifugiati poiché ha preferito mandare, proprio da afghana, un messaggio al mondo: «Mi sento responsabile per le ragazze afghane perché non possono parlare – ha dichiarato a fine gara. Non sono una persona politica, ma faccio ciò che ritengo giusto. Posso parlare con i media e essere la voce delle ragazze afghane, esprimendo il loro desiderio di diritti fondamentali, istruzione e sport. Non mollate. Non lasciate che siano altri a decidere per voi. Cercate le vostre opportunità, e poi usatele». La portabandiera del team dei rifugiati e boxeur Cindy Winner Djankeu Ngamba porterà  casa sicuramente una medaglia nei 75kg, almeno un bronzo. Può sembrare una vittoria come un’altra, ma sarà  la prima storica medaglia olimpica di sempre proprio del team dei rifugiati. Inoltre, lei originaria del Camerun ma rifugiata in Gran Bretagna, ha riacceso la luce sui diritti Lgbtiqa+ che, nel suo paese, sono negati. Infatti, l’omosessualità è considerata un reato. Infine He Bingjiao, atleta cinese di badminton che ha conquistato l’argento. Quando è stata premiata sul podio, non ha solo mostrato il suo premio argentato ma ha anche una piccola spilla della Spagna. Un omaggio all’avversaria iberica Carolina Marin, infortunatasi nel match contro di lei in semifinale e, per questo, costretta al ritiro. Anche in questo caso, all’interno della parola sport, il rispetto e l’empatia continuano, nonostante le brutture degli eventi, a farsi largo. Come sempre.

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