Il declino dell'impero americano e la sfida di Harris: cosa ci aspetta secondo le esperte | Giulia
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Il declino dell'impero americano e la sfida di Harris: cosa ci aspetta secondo le esperte

Il 5 novembre gli Usa sceglieranno il/la loro presidente. Kamala Harris farà la differenza? E quale lo stato di salute della società americana? La parola a storiche, filosofe, economiste e geopolitiche in un evento di 100esperte.

Il declino dell'impero americano e la sfida di Harris: cosa ci aspetta secondo le esperte
Da sinistra Alessia de Luca, Olivia Guaraldo, Maria Luisa Villa, Federico Tafuni, Raffaella Baritono.
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21 Ottobre 2024 - 15.36


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La disaffezione e la polarizzazione politica sono arrivate a minare anche le radici della democrazia americana. I principi fondanti degli USA non sono più unitari e condivisi da tutti. Lo scontro tra repubblicani e democratici è di natura ideologica e non si fermerà dopo le elezioni. La percezione degli elettori americani è che la loro economia non sia più al centro del mondo, nonostante i dati dichiarino una sostanziale tenuta e l’andamento del Pil in crescita fino a metà 2024. Non è detto che una eventuale presidenza Harris costituisca una prospettiva totalmente diversa rispetto a Trump riguardo alle scelte di politica economica e relazioni internazionali. In un Paese che nel ranking mondiale sulla presenza femminile nelle istituzioni si colloca solo al 75% posto (Italia è al 58%) e in assenza di una vera eredità di leadership femminile, Kamala Harris è però riuscita a rivoluzionare alcuni paradigmi e ad usare nuove modalità di comunicazione, mettendo in crisi l’approccio aggressivo del candidato repubblicano.

Sono alcune degli scenari dibattuti nella Sala della Corte dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) a Milano, in un evento organizzato il 10 ottobre dal progetto #100esperte promosso da Gi.U.Li.A. Giornaliste e dall’Osservatorio di Pavia con lo sviluppo di Fondazione Bracco, incontro che si proponeva di offrire una prospettiva approfondita e di genere sulle elezioni presidenziali statunitensi, mettendo in luce lo sguardo femminile su leadership e politica, attraverso voci autorevoli di esperte e studiose parte della banca dati #100esperte.

Gli Stati Uniti sono ancora una superpotenza? La storica Raffaella Baritono ha posto l’attenzione sui termini di declino e crisi che oggi caratterizzano il discorso pubblico, con un excursus storico sul progressivo calo di fiducia degli americani verso le istituzioni federali dagli anni ’60, fiducia che  oggi si attesta a un preoccupante 20%. Secondo il rapporto del Pew Research Center 2024 solo il 19% dei cittadini statunitensi dichiara che la democrazia americana è un buon modello da seguire. E un report del 2023 sulle democrazie nel mondo colloca gli Stati Uniti tra le democrazie “imperfette”, sulla base di un deterioramento della vita politica e della sfiducia nel sistema.

Quanto alla presenza delle donne, nel ranking internazionale sulla presenza femminile nei parlamenti e nei congressi nazionali gli Stati Uniti si collocano al 75% posto (Italia è al 58%), con il 29% di donne alla Camera dei rappresentanti e il 25,3% di donne al Senato. Una posizione non brillante ma un trend positivo, in crescita: fino al 1992 la presenza delle donne era quasi inesistente.

Oggi negli USA uno dei problemi è la crescente polarizzazione politica, che riguarda perfino le relazioni amicali: chi appartiene alla parte avversa è visto come disonesto. Ma la delegittimazione politica è un tema continuativo nella storia della politica americana, fin dalla contrapposizione tra federalisti e non, riconducibile al bene vs il male. La specificità di oggi è che lo scontro è di natura ideologica e non si ferma dopo le elezioni. I principi fondanti degli Usa non sono più unitari e condivisi da tutti. Lo scontro politico si è spostato dalle aule del Congresso alle figure dei candidati presidenziali.

Per l’economista Lucia Tajoli, la percezione degli elettori USA è che l’economia americana non sia più al centro del mondo, nonostante i dati dichiarino una sostanziale tenuta e l’andamento del Pil in crescita fino a metà 2024.  L’industria privata continua a crescere ma la guerra commerciale con la Cina ha  avuto come esito l’aumento dei prezzi per i consumatori. Oggi è il Messico, non più la Cina, il principale “fornitore” degli USA. Trump ha ribadito che, se fosse eletto, continuerà la politica di chiusura con dazi al 20%, posizione che avrebbe riflessi negativi sull’economia. Ma non è detto che una eventuale presidenza Harris costituisca una prospettiva diversa. C’è un atteggiamento meno aggressivo nei confronti degli alleati, ma resta l’idea di proteggere alcuni settori. Non dobbiamo quindi aspettarci cambiamenti radicali con un’eventuale amministrazione dem.

Tra Europa e USA sono in atto trattative nel settore tecnologico molto importanti, anche come fronte comune contro la Cina. Ma alcune politiche per incentivare beni statunitensi e disincentivare beni europei sono molto criticate nel vecchio continente. In questa fase USA e Europa dovrebbero cooperare , accelerare la transizione climatica e quella digitale. La cooperazione è urgente e potrebbe essere più probabile ed efficace, ma non scontata,  con l’amministrazione Harris.

Sulle relazioni internazionali, l’esperta di politica statunitense Alessia De Luca ha posto l’accento sulla guerra mediorientale. La situazione a Gaza si sta trasformando in un problema per Kamala Harris. Anche se i sondaggi ci dicono che gli elettori non votano in base alla politica estera americana, piuttosto secondo la propria condizione economica, molto dipende dai singoli Stati. Ci sono aree con folte comunità di arabi americani che ritengono inaccettabile l’attuale politica estera. In una elezione che si gioca sul filo del rasoio, questo elemento avrà un suo peso. Nelle cancellerie europee la preoccupazione è molto forte, a fronte dell’incertezza sull’esito delle urne, ma c’è una certezza: Trump non è cambiato. Nel frattempo è cambiato il mondo. Gli europei sono più consapevoli che la forte competizione USA/Cina potrebbe sfociare in un conflitto, magari a Taiwan. Si avverte forte la necessità per l’Europa di essere una potenza geopolitica.

Sulla figura di Kamala Harris si è soffermata la filosofa Olivia Guaraldo. Una candidata dal profilo inedito rispetto ad altre protagoniste della politica americana. La leadership come archetipo maschile che si rifà alla figura dell’eroe, del profeta, del capo, continua a vivere nel linguaggio e nei modelli. In assenza di una vera eredità di leadership femminile, Kamala Harris è riuscita a rivoluzionare alcuni paradigmi. Esempio di auto determinazione, non rinuncia al paradigma del materno ma lo ribalta. Cita sua madre nei discorsi, non nel senso di una discendenza ma di una ascendenza, di una genealogia al femminile moderna.  

Una campagna elettorale “folle”, come l’ha definita il giornalista di Will Media Federico Tafuni, ha segnato l’estate, tra colpi di scena e strategie social.  Trump è protagonista della fake news più sbalorditiva (gli immigrati haitiani che a Springfield mangiano gli animali domestici) ma anche i dem non disdegnano di utilizzare false notizie (il divano “amoroso” di Vance). Il compito di Trump è più semplice perché si rivolge a un popolo che lo conosce e continua a motivare la sua base con gli argomenti di sempre e il merchandising politico, dalla Bibbia alle sneakers. Kamala Harris deve costruire la sua figura di candidata ex novo. Utilizza i social nel modo più efficace, cavalcando i trend che subito si trasformano in meme. Come Trump incassa vari endorsement, ma quello della potente star Taylor Swift comincia a far riflettere sul reale valore delle dichiarazioni pubbliche. Quanti voti vale il sostegno della star? Non molti. Secondo un sondaggio pubblicato da YouGov a settembre 2024, gli americani non seguono i consigli della star. Il 64% degli intervistati ha dichiarato che l’endorsement non ha cambiato l’orientamento al voto, e solo l’8 per cento si è dichiarato più favorevole a votare Kamala Harris. Ma il 22 % ora è meno propenso a votarla.

All’incontro, moderato dalla giornalista Maria Luisa Villa dell’Associazione GiULiA, hanno partecipato anche Paolo Magri, Presidente del Comitato Scientifico ISPI e nel Comitato Scientifico #100esperte e Gaela Bernini, Segretaria Generale Fondazione Bracco, team #100esperte.

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