Una denuncia contro Chiara Ferragni per blasfemia da parte del Codacons. L’associazione dei consumatori, scrive la redazione di Leggo.it è indignata contro l’influencer raffigurata come una moderna Madonna con Bambino sulla rivista Vanity fair, che usa quell’immagine a corredo di un’intervista alla Ferragni. Si conclude così una settimana fitta di notizie di genere. Noi ne abbiamo selezionate alcune tratte daI Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, L’Avvenire, Il Messaggero e naturalmente abbiamo tenuto d’occhio i social.
DOVE SIETE FINITE?
Che ne è di Kamala Harris? La scommessa dei democratici, la candidata alla presidenza Usa, a poche settimane dalle elezioni presidenziali è praticamente scomparsa dai radar. I maligni dicono che avrebbe già esaurito il suo ruolo di fiore all’occhiello della campagna di Joe Biden, ben attenta a non oscurare mediaticamente il capo del ticket. La sorte della senatrice dem, apprezzata giurista e donna carismatica, ci fa tornare a più modeste considerazioni di casa nostra: dove sono finite le signore che la Lega di Salvini ha buttato nella mischia nelle ultime due tornate di elezioni regionali? Parliamo di Lucia Borgonzoni, sconfitta nel gennaio scorso da Stefano Bonaccini in Emilia Romagna e di Susanna Ceccardi, uscita perdente dalle ultime consultazioni in Toscana. Dopo aver annusato entrambe il profumo della vittoria sono scomparse dalla scena. Nei quotidiani del 25 settembre solo il Giornale, nell’apertura dedicata al post elettorale della Lega, fra le voci che circolano sulla ipotesi di segreteria allargata, riferisce pure l’idea di uno strapuntino da riservare alla Ceccardi. Forse. Il resto sarà occupato dai fedelissimi di Salvini.
GALLINE E NOMI DI BATTESIMO
Tutta colpa dell’alcol, stavolta di quello non bevuto: lo scrittore Mauro Corona chiede scusa a Bianca Berlinguer per averla chiamata “gallina” in diretta tivù. La ormai storica spalla della giornalista di Carta bianca attribuisce il suo nervosismo ai 40 giorni di astinenza che hanno preceduto la trasmissione e chiede scusa. Un teatrino già visto. Scomoda invece un esperto di onomastica Alessandro Sallusti, protagonista di un
battibecco con la giornalista Concita De Gregorio, stufa di essere chiamata per nome dal direttore de Il Giornale, durante i loro frequenti scontri televisivi, mentre gli altri colleghi giornalisti possiedono evidentemente un cognome. Il professor Enzo Caffarelli, sulla prima pagina del quotidiano milanese di giovedì 24 settembre si dice incredulo: “non capisco come una persona possa offendersi perché è stata chiamata per nome, attestato di cordialità e vicinanza; ricorrere al cognome denota invece distacco e freddezza”. Insomma, bisogna proprio essere permalose, conclude l’esperto. Vero è che pure il presidente del Consiglio Giuseppe Conte continua a essere chiamato Giuseppi anche nei titoli dei giornali e non solo sui social (Ultima volta su il Giornale di domenica 27 settembre), e non si lamenta, ma si sa che noi donne spesso abbiamo brutto carattere. La dimenticanza del cognome unisce sindache come la Raggi, molto spesso Virginia e basta, o astronaute come Cristoforetti, per tutti Samantha. Il Secolo XIX di Genova, si è spinto oltre ed è andato in edicola sabato 26 con una interessante articolessa di presentazione degli eletti in Regione: apprendiamo così che Laura Lauro è pure detta Lilli ed è madre di 4 figli, invece la consigliere Selena Candia ha un solo bimbo, mentre resta rigorosamente coperta dal segreto la capacità riproduttiva degli uomini eletti. Dal Corriere della Sera, Repubblica e Stampa veniamo a sapere che ha 7 figli la giudice Amy Coney Barrett, nominata dal presidente Trump alla Corte Suprema in sostituzione della giudice icona liberal Ruth Bader Ginsburg, scomparsa nei giorni scorsi. La Stampa colloca il particolare dei 7 figli nel corpo del titolo. Repubblica sottolinea inoltre, quanto sia fotogenica la giurista cattolica. Più asettico il Corriere che punta sulla polemica politica intorno alla nomina. Forse a presentare Coney Barrett sarebbe bastato il corposo curriculum che di spunti per titoli ne ha assai.
PREMI NOBEL
Fra i grandi quotidiani il Messaggero di venerdì 25 è l’unico a dare notizia, sia pure in una spalletta, della candidatura di Giovanna Giordano al premio Nobel per la letteratura. Il caso Giordano, scrittrice sconosciuta ai più, ha preso campo invece sui social. Sarà un’autocandidatura o c’è
speranza? Si vedrà. Lo stesso Messaggero di venerdì annuncia una sua nuova rubrica sul giornale online dedicata al gender gap. Qualcosa si muove anche nei quotidiani. Meno male.
PANDEMIA E FEMMINICIDI
“Il Covid frena il crimine, calano gli omicidi, ma non contro le donne” è il titolo della Stampa di sabato 28 settembre, richiamato in prima pagina dal quotidiano di Torino. Sono 50 le donne uccise nei mesi dell’isolamento e immediatamente dopo, facendo salire la percentuale dei femminicidi al 46 per cento degli omicidi, rispetto al 36 per cento del 2019. Sono aumentati pure, e questo purtroppo lo avevamo immaginato, gli episodi di maltrattamenti in famiglia e le violenze sessuali. L’analisi, ricca di dati e percentuali, viene dal gruppo di studio interforze coordinato dal prefetto Vittorio Rizzi, vicecapo della polizia. L’organismo si occupa solitamente di organizzazioni criminali, ma ha voluto allargare il report a quanto accaduto fra le mura domestiche nei mesi dell’isolamento domiciliare. Non conforta il fatto che questo trend sia stato confermato da un’analoga indagine Europol, l’organismo che coordina le polizie europee. Anche questa settimana sono state uccise due donne da ex compagni o mariti. Marinella Maurel, 66 anni, è morta in sala operatoria dopo essere stata colpita alla gola con una coltellata dal marito Livio Duca, 65 anni, durante una lite nel giardino di casa ad Aquileia, provincia di Udine. L’altra vittima aveva 41 anni, si chiamava Maria Masi, si era appena separata dal coniuge e viveva a Torino. L’ultimo incontro con l’ex le è stato fatale. Invitata a bere il caffè, titola il Corriere della Sera di domenica 27 settembre, mentre La Stampa pone l’accento sull’ infermità di lui, costretto in sedia a rotelle dopo un incidente stradale. Un titolo migliore forse poteva puntare sul fatto che la vittima era sotto la tutela del Codice Rosso, una proceduta abbreviata prevista dalla legge per prevenire delitti come questo sulla base di una semplice denuncia. Ma evidentemente per Maria Masi non ha funzionato e purtroppo il titolo era questo…