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No, 20 secondi NON sono troppi

Assolto anche dalla Corte d’Appello di Milano l’ex sindacalista che aveva palpeggiato una hostess rivoltasi a lui nel 2018 per una vertenza.

No, 20 secondi NON sono troppi
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Maria Teresa Manuelli Modifica articolo

2 Luglio 2024 - 10.34


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L’invito è sempre a denunciare, a farsi avanti contro le violenze subite. Ma poi puntualmente le donne non vengono credute. Una storia che si ripete inesorabile, come un copione già scritto. A volte anche con sentenze che lasciano senza parole. L’ultimo esempio è la vicenda della hostess di volo che si era rivolta nel marzo 2018 all’ex sindacalista Raffaele Meola, in servizio a Malpensa all’epoca dei fatti, per una vertenza, ma invece di assistenza ricevette molestie sessuali e palpeggiamenti. Lei dice “no” dopo venti secondi. Un tempo giudicato eccessivo prima dal tribunale di Busto Arsizio e poi anche da quello della Corte d’Appello di Milano, che hanno assolto anche in secondo grado, confermando la sentenza pronunciata nel 2022.

«Ancora una volta nel nostro Paese il patriarcato colpisce le donne, costrette a ritornare davanti a un giudice per avere giustizia, perché considerate nel primo grado di giudizio da vittime a imputate, responsabili per non aver reagito alle molestie o averlo fatto tardi», commenta la sentenza Michela Cicculli, presidente della Commissione capitolina Pari opportunità. Ed è, in effetti, una sentenza che mette al centro la necessità di una profonda riflessione sull’idea di consenso. Sulla sessualità maschile, che vede solo quello che vuol vedere. E sulla nostra cultura che ha assorbito sessismo e patriarcato in quantità tali da non accorgersene nemmeno più.

Le molestie sul lavoro aumentate dell’81% nel 2023

«Non sta a noi stabilire la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, ma è evidente che le leggi attuali vanno integrate e rafforzate, prevedendo un’adeguata formazione per tutte le figure professionali che si occupano di questi temi, compresa la magistratura. Il Parlamento deve intervenire il prima possibile per garantire le necessarie tutele sul lavoro», affermano in una nota le parlamentari e i parlamentari M5S del Gruppo Pari Opportunità. In un Paese dove nel 2023 sono aumentati dell’81% i casi di donne che hanno subito contatti fisici indesiderati in ufficio, la richiesta diventa più che mai urgente. Senza contare che la giustizia italiana ha un grosso problema nel riconoscere e perseguire la violenza sessuale, tanto da essere stata condannata nel 2021 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per le “affermazioni colpevolizzanti, moralizzatrici e veicolanti di stereotipi sessisti” in una sentenza di assoluzione di uno stupro di gruppo. Secondo il rapporto delle esperte che vigilano sull’applicazione della Convenzione di Istanbul nel nostro Paese non solo l’Italia dovrebbe aggiornare la legge sulla violenza sessuale, ma anche creare “un quadro legale adeguato sulle molestie sessuali”, spesso considerate un illecito civile e non un reato.

Ma per una sensibilità ancora lontana da raggiungere nella magistratura, si nota invece un cambio di passo nei quotidiani che hanno raccontato la vicenda: da una rapida rassegna stampa Corriere, La Stampa, Wired, Rai News, Today, La Repubblica e molti altri hanno commentato dando voce all’avvocata Maria Teresa Manente, responsabile dell’ufficio legale dell’associazione Differenza Donna che ha seguito il caso, e ricordando sia la norma prevista dall’articolo 609 bis del codice penale – che definisca in maniera chiara che il reato di stupro è qualsiasi atto sessuale compiuto senza il consenso della donna, ndr. -, sia quanto previsto proprio dalla stessa Convenzione di Istambul e le raccomandazioni del comitato Cedaw. Un coro unanime della stampa a invocare un cambio di passo ormai sentito necessario dall’opinione pubblica. Solo Milano Today, in un articolo di qualche giorno fa, ha dato spazio invece all’avvocato dell’imputato per spiegare il suo punto di vista.

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