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Giornali di Sicilia, non siate complici!

Sabato in piazza a Palermo per Maria Anastasi. Ma i media siciliani sono attratti dagli aspetti pruriginosi e si scatenano i criminologi da salotto. Di [Mariella Magazù]

Giornali di Sicilia, non siate complici!
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15 Luglio 2012 - 23.35


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Se nell’ormai quasi quotidiano rosario di morti che la cronaca di giornali e tv ci consegna con protagoniste le donne vittime della violenza omicida degli uomini che hanno scelto come mariti, compagni, padri dei loro figli, ci fosse una scala dell’orrore, l’ultimo femminicidio avvenuto a Trapani lunedì 9 luglio, schizzerebbe in cima alla classifica.

La morte di Maria Anastasi, 39 anni, madre di tre figli e incinta al nono mese di gravidanza in attesa della quarta bambina, tramortita con diversi colpi di vanga alla testa -tanto da avere il cranio fracassato stando all’autopsia- e poi data alle fiamme nella campagne vicino Erice, è una galleria di orrori in rapida successione.

Ancora una volta ad uccidere è un uomo non estraneo, ma il marito e padre dei figli di Maria, compresa la bambina che portava in grembo e che tra 14 giorni -tanto mancava al parto- all’ospedale Abbate Aiello di Trapani non nascerà. Il killer è Salvatore Savalli, operaio di un’azienda marmifera del trapanese che ha ucciso con la complicità della sua amante: Giovanna Purpura coetanea dei due coniugi. Le indagini della procura di Trapani vanno in questa direzione dal momento che da poco più di 24 ore, anche Purpura si trova in stato di fermo su disposizione del giudice per le indagini preliminari, con l’accusa di concorso in omicidio premeditato con l”aggravante della crudeltà.

“I due amanti diabolici”, “delitto passionale” titolano quasi tutti i giornali siciliani. Qualcuno addirittura ha pubblicato la foto sorridente del profilo Facebook di Giovanna Purpura, mentre qualcun altro ha mostrato il cadavere carbonizzato di Maria Anastasi; la settantacinquesima donna che nel nostro Paese dall’inizio del 2012 muore per mano di un uomo, ancora una volta parte e protagonista della propria rete affettiva e familiare.

L’attenzione dei media siciliani si è concentrata e continua a concentrarsi mentre la notizia scende a piede pagina dei giornali cartacei e on line, sul presunto ménage a tre nel quale sarebbe maturato l’omicidio di Maria, in memoria della quale sabato prossimo a Palermo ci sarà una manifestazione di denuncia per dire basta alla violenza contro le donne in Italia per non essere complici. Un’adunata in piazza partita col tam tam sui social network e alla quale sarà presente anche GIULIA.

Eppure ci saremmo aspettate dai giornali dell’isola che mettessero da parte la truculenza e la pruderie che da sempre contrassegna la cronaca dei femminicidi. Da due giorni gli aggiornamenti su questo terribile fatto riguardano lo scambio di accuse tra il marito della vittima e la donna con ruolo di amante e la nomina dei consulenti da parte degli avvocati di Savalli e Purpura. Per il marito assassino l’incarico è stato affidato alla criminologa Roberta Bruzzone, mentre per la donna accusata di complicità al criminologo Francesco Bruno.

Roberta Bruzzone da poco è stata nominata ambasciatrice di “Telefono Rosa”, l’associazione che in Italia si occupa di assistenza e denuncia delle violenze domestiche e di genere e che due giorni fa ha scritto, attraverso la sua presidente nazionale Maria Gabriella Moscatelli una lettera a tutti i presidenti e segretari di partito con una richiesta precisa: un’azione legislativa e politica per fermare la mattanza delle donne vittime della violenza assassina degli uomini all’interno delle mura domestiche. Sembra una contraddizione in termini che un’ambasciatrice contro la violenza sulle donne, debba produrre perizie capaci di smontare le accuse a carico del marito assassino per scagionarlo.

Anche in questo caso i giornali -e non solo quelli siciliani- hanno puntato l’attenzione su quella che si preannuncia come la prossima sfida tra criminologi nei salotti mediatici che occuperanno i palinsesti pomeridiani della prossima stagione televisiva. Perizie e colpi di scena come nei più recenti casi di cronaca–criminale che hanno riempito i pomeriggi degli italiani che hanno la sventura di guardare la tivù -pubblica e privata- in quella fascia oraria: i vari casi Sarah Scazzi, Yara Gambirasio, Melania Rea, Meredith Kercher, Chiara Poggi… e la lista è lunga.

Eppure ci saremmo aspettate che la stampa siciliana soprattutto, ma anche quella nazionale, ricordassero i precedenti nell’Isola. A partire da Stefania Noce per la quale lo scorso gennaio c’è stata una mobilitazione nazionale per ricordare lei e tutte le donne uccise nel corso del 2011. Stefania aveva 24 anni ed è stata uccisa il 27 dicembre dello scorso anno a Licodia Eubea, nel catanese, accoltellata dall’ex fidanzato. Assieme a lei è morto il nonno intervenuto per difenderla, mentre la nonna è rimasta ferita.

E ci saremmo aspettate che i colleghi e le colleghe di tv e giornali siciliani, soprattutto, facessero un esercizio di memoria e ricordassero anche Vanessa Scialfa di appena 21 anni, uccisa il 27 aprile scorso a Enna dal compagno perché in un momento di intimità, Vanessa, lo aveva chiamato con il nome dell’ex fidanzato. Lui l’ha strangolata con il cavo del lettore dvd, soffocata con un fazzoletto imbevuto di candeggina, caricato il corpo senza vita di Vanessa in auto per lanciarlo da un cavalcavia dell’autostrada Palermo- Catania. Anche in questo caso la galleria dell’orrore è senza confine.

Eppure nulla. Non una riga. Non un pastone, non una spalla, un approfondimento. Non un dato sui femminicidi in Sicilia che pure ingrassano i numeri della cronaca nera e riempiono i cimiteri dei corpi di donne uccise in quello che per definizione dovrebbe essere il luogo più sicuro: la coppia al pari della famiglia. Non ci sono dati disponibili. Il dato più aggiornato dell’Istat sui femminicidi regione per regione risale al 2007. Chissà che la richiesta della ministra Fornero all’istituto di statistica produca qualche risultato.

Avremmo molto apprezzato che fosse dato maggiore risalto ad un fatto che non ha precedenti. La presenza ai funerali di Maria Anastasi del procuratore di Trapani Marcello Viola e dei carabinieri impegnati nelle indagini, compreso il brigadiere dell’Arma tra i primi a raccogliere elementi sulla scena del delitto e al quale le due figlie di Maria, di 16 e 17 anni, si sono strette in un lungo abbraccio alla fine dell’omelia. E non abbiamo infine potuto apprezzare l’ampia divulgazione che certamente meritavano e meritano -anche questo un fatto senza precedenti- le parole dell”amministratore apostolico di Trapani, l’arcivescovo Alessandro Plotti -arrivato da Siena in sostituzione dell’ex Francesco Micciché causa inchiesta sulla curia trapanese- che in un messaggio inviato ai familiari di Maria Anastasi ha scritto: “Purtroppo siamo davanti ad un evento drammatico, ad una plateale violazione di ogni scintilla di umanità, dove ancora una volta è una donna a pagare una cultura maschilista, violenta e criminosa”.

Un uomo di Chiesa ha detto più di tante paginate di giornali, impegnate a guardare nel buco della serratura di un dramma familiare declinato a complotto tra “amanti diabolici” che dovranno essere smascherati dai criminologi dei salotti mediatici. Il problema è culturale per l’appunto. E lo è anche e soprattutto tra chi per mestiere produce informazione.

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