E allora diciamo NO a questa Rai: non è amica delle donne | Giulia
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E allora diciamo NO a questa Rai: non è amica delle donne

Mission e governance indipendente: se questo salto non lo facciamo neppure ora, vuol dire che qualcosa ci tiene irrimediabilmente unite al nostro passato di subalternità. [Di Licia Conte]

E allora diciamo NO a questa Rai: non è amica delle donne
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Licia Conte Modifica articolo

28 Novembre 2020 - 10.03


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“Italian state TV’s ‘sexy shopping’ tutorial for woman….”

 

Per me questo titolo del Guardian è uno schiaffo in pieno viso. Mi urge qualcosa dentro come nel febbraio del 2011 quando in 12 decidemmo di dire BASTA! agli scandali sessuali a Palazzo Chigi. Con un appello a tutti, anche agli ‘uomini amici delle donne’, fummo in grado dare il via a una memorabile manifestazione che contribuì a cambiare il volto del Paese e a restituire agli occhi dell’Europa onore e dignità alle donne italiane.

Da lì nacque anche GiULiA e pochi mesi dopo sempre in Piazza del Popolo Alessandra Mancuso e io chiedemmo a gran voce un nuovo Servizio Pubblico ‘amico delle donne’.

Care Giulie, nulla è cambiato da allora. Macché! Non è vero: tutto è peggiorato nel mondo della comunicazione, e soprattutto nel cosiddetto Servizio Pubblico, che certo non è ‘servizio’ e tanto meno è ‘pubblico’.

Abbiamo ottenuto qualche manciata di contentini, il più gradito (almeno per me) dei quali è la nomina di Simona Sala, una giulia, alla direzione dei GRR.

Ma le donne italiane che hanno ottenuto?

Devo ricordarvi che siamo il Paese con la più bassa crescita demografica? Devo ricordare a voi che le donne italiane muoiono in tante per mano maschile? Devo dire a voi quali sono le condizioni delle donne nel mondo del lavoro? Devo dirvi in quante, non sopportando il peso del doppio lavoro, sono costrette a scegliere tra l’uno e  l’altro? La maternità nel nostro Paese non è tutelata, anzi: è un opzional come fosse un bel vestito o una vacanza: se lo vuoi, te lo fai.

E allora? Allora, care Giulie, cominciamo con il dire il nostro NO a questa Rai. Cominciamo a chiederne una profonda trasformazione su due cardini: mission e governance indipendente.

Mission: fare finalmente dell’Italia un Paese di donne e uomini pari e differenti. E ciò significa che la maternità non può restare fuori della porta quasi fosse un peso inutile e ingombrante. Ciò significa che la maternità, ossia la procreazione, non può essere considerata nella vita dello Stato meno importante della produzione di merci e servizi.

Governance indipendente: non è chi non vede che una mission come quella delineata deve essere supportata da un governo del Servizio Pubblico molto autorevole e del tutto indipendente. La politica deve limitarsi a dare le chiavi di casa e poi a controllare che si dia esecuzione al piano editoriale.

E ora però non ditemi che non ce la possiamo fare. Siamo tante e in grado se vogliamo di condizionare le strutture del nostro sindacato e dell’Ordine professionale. Cercate di capire che noi siamo forti e che la politica è in questo momento debole, come fu nel 2011: sapemmo istintivamente scegliere il momento.

Lanciamo come un ariete la nostra forza su questo castello di debolezze e chiediamo a gran forza quello che vogliamo.

Altrimenti, care Giulie, vuol dire che ci accontentiamo delle briciole che il sistema ci elargisce.

Mie care, hic rhodus hic salta.

E se questo salto non lo facciamo neppure ora, vuol dire che non siamo cambiate, che qualcosa ci tiene irrimediabilmente unite al nostro passato di subalternità, che preferiamo lamentarci piuttosto che agire, che sottovalutiamo la nostra forza e sopravvalutiamo quella altrui.
Che insomma in questa vicenda Rai siamo soltanto femminucce.

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