'Sebben che siamo donne... cent''anni con la Cgil' | Giulia
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'Sebben che siamo donne... cent''anni con la Cgil'

Una storia lunga un secolo: in mostra a Roma documenti, carteggi, immagini per ricostruire la lunga avventura di impegno al femminile nel sindacato. [Vanna Palumbo]

'Sebben che siamo donne... cent''anni con la Cgil'
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18 Gennaio 2012 - 22.32


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Quanta strada hanno percorso le donne nel loro travagliato incedere verso le libertà e l”uguaglianza non formale fra i sessi! E quanta ancora dovranno farne per contrastare la tendenza agli striscianti arretramenti politici, sociali e culturali verso quell’universo dei diritti che sembrava oramai espugnato con al fine degli anni ’70?

Quasi a tracciare un solco nel terreno accidentato ma ininterrotto di crescita e di avanzamento del movimento dei lavoratori, per ottenere migliori condizioni di vita e di lavoro, le donne hanno scavato con solerzia e talvolta con improntitudine affinché la loro vita ed il loro impiego nei campi o fra i telai o alla catena di montaggio avesse la dignità che si riconosce al LAVORO.

Le icone, incarnate da quel virato seppia che contraddistingue le immagini ed i documenti antichi, storici, sbiaditi o lucenti, nella esposizione ”Donne nella Cgil” che guida i visitatori lungo la storia quasi romantica del Lavoro nel secolo scorso, narrano di loro, della loro fatica, delle loro lotte, delle loro conquiste. Ma come un mosaico che si compone ad ogni raffigurazione, che sia dolce ed aggraziata o bellicosa e forte, tanto ancora dicono di quanto protagoniste siano state le donne della costruzione e dell”affermazione del più grande sindacato del Paese.

Un impegno ed una passione non secondari né minori, valorizzati, non a caso, con il posto d”onore che ad essi riserva la ricerca storica avviata dalla Cgil già nel 2006 con la celebrazione del suo primo Centenario e riproposta in questi giorni dalle iniziative che i suoi 58 archivi storici hanno promosso per la prima settimana di esposizione al pubblico delle antiche carte.

Un tuffo nel mare tempestoso o rassicurante del passato, inaugurato con la Mostra ”Una storia lunga un secolo”, aperta due giorni fa a Roma dalla leader Susanna Camusso, e dalla prima donna dello Spi, Carla Cantone, (pensionati) che la ospiterà fino a sabato 21 nel Centro congressi di via dei Frentani.
E se l’ itinerario culturale di documenti iconografici, di carteggi, di risoluzioni strategiche o politiche ha un sapore nostalgico per le ‘veterane’ dello Spi che hanno fatto, a partire dal dopoguerra, la storia recente del movimento femminista e della conquista di spazi politici e di funzioni direttive e decisionali nell’intero mondo sindacale, esso sveglia la memoria sopita o mai esercitata di generazioni di giovani donne (ma anche di uomini) le cui libertà, il cui ruolo attuale nella società, nell’economia, nella politica, nelle arti e nei mestieri viene vissuto come immanente ed irreversibile, come un diritto naturale sempre goduto .Quando di scontato non c’è nulla. E neanche di irreversibile.

Pensiamo alla piaga delle dimissioni in bianco –licenziamenti mascherati come fossero volontari- troppo frequentemente firmate sotto ricatto dalle donne al momento dell’assunzione. Una sorta di riesumata ‘clausola di nubilato’ degli anni 50. Solo che al ‘divieto’ di matrimonio si sostituisce quello di maternità. La norma che impediva questo ritorno all’oscurantismo è stata abolita dal passato Governo come primo suo atto, quasi a sancire l’apertura di una stagione di attacco al lavoro delle donne. Perché si sa, alle conquiste di libertà, come ad esempio per la giornata lavorativa di otto ore, “si è arrivati spesso attraverso il lavoro delle donne”. Lo pensa e lo esterna Susanna Camusso che inaugura la Mostra come “una straordinaria occasione di attualità” che fa risaltare l’arretramento che il Paese sta vivendo. “E se nel dopoguerra era un problema di tutte le democrazie europee, oggi purtroppo esso riguarda precipuamente l”Italia. Nella logica che la crisi si risolve con la riduzione dei costi –afferma- il diritto alla maternità diventa quasi un lusso, una teoria che pensavamo superata dalle conquiste degli anni ’70. Mentre sappiamo che tutelare la maternità è un interesse sociale”.
L’assenso si coglie nei commenti bisbigliati della piccola folla itinerante, animata non solo di nonne e di mamme mature, serenamente agée, ma,qua e là dalla freschezza delle giovani –prima fra tutte Ilaria Romeo, poco più che trentenne, che dell’Archivio storico nazionale Cgil è la responsabile- incuriosite da questo mondo sconosciuto e lontano. Ed il sottile vociare diventa occasione per ridare spessore alle battaglie dì oggi: ad esempio quella di scegliere liberamente quando fare o non fare un figlio. E non soltanto “ evitando di ridurre le tutele sulla maternità –rincara Camusso riproponendo un’idea a lei cara- ma facendo in modo che quelle misure possano estendersi anche agli uomini: la paternità obbligatoria come la maternità”.

Ed allora gironzolare fra quegli stand in bianco e nero o colorati dalle tante bandiere esposte -scampoli di stoffa cuciti insieme dalla lavoratrici delle aziende di allora che anticipano l’arcobaleno della pace- non è soltanto sfogliare l’album dei ricordi. Non ripetere il passato ma imparare da esso, dice a voce alta la leader Cgil, per contrastare i toni della cultura di oggi ed il suo riecheggiare un interrogativo che credevamo risolto: le donne lavorano per integrare il reddito familiare o per una scelta di impegno, oltre che di autonomia economica, e per una possibilità di realizzazione personale? “Ecco –rassicura Camusso- dai volti e dagli sguardi delle operaie o delle mondine delle fotografie si può capire che spesso il lavoro rispondeva ad una scelta di emancipazione e di libertà”.
Non c’è polvere sul Progetto Memoria dello Spi che, con la tenacia di Alba Orti, ha voluto e prodotto questo evento. Un cadeau per donne ed uomini della più popolosa comunità di pensionati dello stivale (lo Spi ne conta quasi 3 milioni) ma aperto al pubblico di ogni età e proposto con successo alle comunità scolastiche di ogni ordine e grado per sensibilizzare giovani ed bambini, attraverso la ponderosa mole di vestigia femminili, inventariate, riordinate, schedate, rese fruibili e consultabili anche online (www.cgil.it), al valore della conservazione della memoria ed avvicinarli al gusto ed alla metodologia della ricerca storica. Perché, come ripete Carla Cantone “senza memoria non si va lontano”.


La”Proposta Noce”

Nella prima metà degli anni Cinquanta, le principali rivendicazioni delle donne sul terreno del lavoro sono l’attuazione del dettato costituzionale sulla parità salariale e la realizzazione di una tutela della maternità che garantisca non solo migliori condizioni di lavoro, ma anche una serie di servizi esterni di sostegno (asili nido, mense, ecc.). Nel 1950 viene approvata la legge sulla tutela delle lavoratrici madri. Il testo definitivo, pur se limitativo rispetto alla “proposta Noce”, la sindacalista del tessile che ne fu artefice, rappresenta un importante risultato per le lavoratrici italiane, ma apre un altro fronte di rivendicazioni. Molte imprese, infatti, per aggirare la legge, impongono alle assunte la cosiddetta “clausola di nubilato”, che prevede il licenziamento in caso di matrimonio.
Sempre per iniziativa di Teresa Noce nel maggio 1952 viene presentato alla Camera il progetto di legge per l’«Applicazione della parità di diritti e della parità di retribuzione per un pari lavoro», ma l’accordo sulla parità sarà raggiunto solo il 16 luglio 1960.
Nel 1958 viene approvata la legge che tutela il lavoro a domicilio, mentre nel 1963 si vieta il licenziamento delle donne in caso di matrimonio e viene approvata la legge che ammette le donne ai concorsi per entrare in magistratura.

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