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Stages: un progetto per le pari opportunità nelle Università

In Europa le donne sono il 58% dei laureati. Poi le cose cambiano: in Italia sono il 45,1% dei ricercatori, il 33,8% degli associati e il 19,8% degli ordinari. [Camilla Gaiaschi]

Stages: un progetto per le pari opportunità nelle Università
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14 Marzo 2012 - 11.07


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Promuovere le pari opportunità nelle carriere accademiche. La buona notizia, per una volta tanto, riguarda l’Italia, e più precisamente Milano, dove il centro Donne e Differenze di Genere dell’Università Statale, in collaborazione con l’associazione Asdo – Assemblea delle donne per lo Sviluppo e la lotta all’escusione sociale – e con il coordinamento del dipartimento per le Pari Opportunità della presidenza del Consiglio, ha dato il via al progetto europeo “Stages”. L’acronimo sta per “trasformazione strutturale per raggiungere la parità di genere nella scienza” e l’obiettivo, condiviso con altri quattro atenei europei, è presto detto: alzare l’asticella delle donne che arrivano a sfondare il cosiddetto “tetto di cristallo” in un settore, quello scientifico, dove gli stereotipi di genere sono ancora duri a morire.

Il progetto, presentato lo scorso 8 marzo in Statale a Milano, trova ragione nei numeri, a dir poco impressionanti: solo il 18% dei professori ordinari delle Università dell’Europa a 27 è donna (dati Eurostat  2009). L’Italia, in questo, è messa poco meglio: i dati Miur 2009 dicono che la percentuale è pari al 19,8%. Se però si guarda al numero dei laureati il rapporto, è noto, si inverte: in Europa le donne sono il 58% dei laureati contro 42% degli uomini. Le cose cambiano, e peggiorano progressivamente, dopo il dottorato: in Italia le donne scendono al 45,1% dei ricercatori, al 33,8% degli associati e, appunto, al 19,8% degli ordinari.

Questo significa che se il nostro Paese ha vinto la scommessa della scolarizzazione delle donne – con differenze però ancora notevoli tra le scienze esatte e quelle umanistiche – ancora molto da fare resta per promuovere le possibilità di carriera all’interno delle Università. “E in questo caso il problema – spiega Daniela Falcinelli, ricercatrice e coordinatrice di Stages per l’Università di Milano – riguarda tutte le facoltà: quella di fisica come quella di lettere”. Da qui gli sforzi dell’Unione europea per promuovere le pari opportunità negli atenei: “il progetto – prosegue – importa in Europa, per la prima volta, il modello americano andando a intervenire su vari livelli della struttura universitaria”.

Il piano di azioni va infatti dalla sensibilizzazione del top management dell’Università al tema della discriminazione di genere ai corsi sulle pari opportunità per gli studenti (e non solo per le studentesse) delle facoltà scientifiche fino alle azioni per favorire le pubblicazioni e l’accesso ai finanziamenti per le giovani ricercatrici. L’Università di Milano non è nuova a questo genere di politiche – è il terzo progetto europeo che si aggiudica in questo campo – ma la resistenza da parte di molti colleghi maschi è sempre la stessa: “tra gli ostacoli da superare c’è certamente la diffidenza di molti uomini – precisa Falcinelli – l’obiezione più frequente all’utilità dei progetti è che le cose stanno già cambiando, ma il problema è che senza questo tipo di azioni positive ci metteremmo secoli per arrivare a un’effettiva parità”.

Lo dimostrano le recenti ricerche di Rossella Palomba, demografa e ricercatrice del Cnr: se oggi si iniziasse ad assumere solo donne ci vorrebbero 63 anni per raggiungere l’uguaglianza. Con gli attuali tassi di assunzione dovremmo aspettare ben più a lungo: in quel caso l’uguaglianza verrebbe raggiunta “solamente” nel 2183. Alla faccia dell’inutilità delle azioni positive.

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