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Il processo alle Pussy Riot infiamma la Russia

'La sentenza è rinviata al 17 agosto prossimo. L''aula del tribunale era affollatissima. Giornalisti e telecamere sulle scale. I sostenitori fuori. [Maria Magarik]'

Il processo alle Pussy Riot infiamma la Russia
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9 Agosto 2012 - 22.49


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Mosca, Madonna ai giornalisti russi: “Sono contro la censura. Spero che il giudice sia clemente e che siano presto liberate”. Madonna arriva nel Paese di Putin e si schiera con le Pussy Riot. E il potere e la massiccia presenza delle organizzazioni religiose davanti all”albergo che ospita la cantante, prima del concerto, si sono fatti sentire. Sedicenti gruppi “per la difesa dei valori dell”ortodossia” hanno bruciato poster della cantante, urlato slogan contro “il suo amore per la pornografia” e contro la sua “mancanza di rispetto per la Chiesa”. Ma lo stadio Olimpiskij, era esaurito da mesi.

E la popstar non si è fatta intimidire. Madonna ha fatto attendere i suoi fan tre ore ma quando è salita sul palco ha detto la sua sulle ragazze del gruppo processato. Lo ha fatto davanti a 80 mila spettatori: “Hanno fatto qualcosa di coraggioso, hanno pagato il prezzo per quest”atto. Nadia, Katia, Masha hanno diritto di essere libere. Prego per loro”. Parole accolte da una raffica di applausi. La popolarità delle Pussy Riot, all”inizio guardate con snobbismo dagli stessi oppositori a Putin, continua a crescere, turba il Cremlino più delle tradizionali contestazioni politiche; più delle manifestazioni che hanno portato centinaia di migliaia di oppositori in piazza.

Le tre ragazze, arrestate dall”antiterrorismo, non hanno mai fatto i nomi delle loro altre compagne (due, forse tre) tuttora latitanti e non identificate. Come si ricorderà, si erano esibite con dei coloratissimi cappucci di maglia. Le ragazze arrestate hanno spiegato in aula che cercavano solo palcoscenici diversi e sorprendenti per cantare le loro canzoni satiriche e si sono rammaricate per aver scelto la cattedrale, per aver “turbato la sensibilità dei fedeli”. Questo non è bastato a fermare la furia del Patriarca: pretende dalla magistratura “una lezione per i giovani di oggi, a suo dire, privi di ogni valore e rispetto”.

Linea dura, niente compromessi. La pena chiesta è stata attenuata, sembra però esclusa la possibilità di una liberazione delle Pussy Riot. In extremis potrebbe arrivare un atto di clemenza di Putin, se riuscisse a convincere i vertici della Chiesa. Nell”attesa, dalle ragazze parole decise e di denuncia: “Siamo trattate come le bestie. Quelle non hanno il dono di parola. Noi, invece, siamo umane, possiamo spiegare le nostre ragioni. A noi la parola è stata tolta, come lo è stata al paese. Non ci fanno parlare per difenderci. Quel poco che siamo riuscite a dire è manipolato, mal interpretato, utilizzato”.

Nadezhda Tolokonnikova parla di un processo-truffa. La musicista del gruppo “Pussy Riot” rigetta le accuse di teppismo con l”aggravante dell”odio razziale e non si scompone quando l”accusa chiede per lei e per le altre due ragazze tre anni di reclusione. Le Pussy Riot denunciano l”impossibilita di difendersi e chiarire le motivazioni della preghiera-punk nella chiesa di Cristo il Salvatore di Mosca con il ben noto finale “Madre di Dio, libera la Russia da Putin!”. Un urlo che sta costando caro alle ragazze.

Il processo. L”aula del tribunale del quartiere Hamovniki di Mosca ieri era affollatissima. Giornalisti, telecamere attendevano sulle scale. Sostenitori del gruppo attendevano fuori, dietro al cordone delle forze dell”ordine. Tutta la zona era blindata. Ovunque agenti, auto della polizia, unità cinofile. “L”unico fatto che riconosco è quello di far parte del gruppo “Pussy Riot” – dice Ekaterina Samuzevic – siamo nate nel 2011 durante la difesa del bosco di Himki (la protesta della società civile, ambientalisti, giovani contro la decisione delle autorità moscovite di distruggere questo importante spazio di verde pubblico per venderlo ai palazzinari della capitale), e abbiamo deciso di raccontare in qualche modo il declino del regime politico”.

“Portiamo le maschere colorate, facciamo satira, non odiamo nessuno, la nostra esibizione appartiene profondamente alla cultura russa, la tradizione carnevalesca di denuncia che si trova anche nelle opere di Dostoevskij”, hanno cercato di spiegare le ragazze. Il pubblico ministero non le ha guardate mai in faccia. Per l”accusa, il reato c”è tutto. “Sono arroganti, odiano la chiesa ortodossa e i suoi fedeli”, ha tagliato corto la pubblica accusa. Le ragazze avevano chiesto scusa ai fedeli: “Noi vogliamo solo contestare politicamente il metropolita Kirill che sostiene a spada tratta il partito di Putin e chiede ai fedeli di schierarsi con “Russia unita”.

Per la sentenza, però biognerà aspettare fino al 17 agosto prossimo. Il processo intanto infiamma il Paese. Un lungo braccio di ferro tra il presidente e le ragazze che lo contestano. Lo zar di Mosca pensa di aver ristabilito l”ordine nella Santa Madre Russia. E viene persino celebrato con un baciamano, come se fosse la massima autorità religiosa, da un frate ortodosso che viene dai Balcani. Un baciamano imbarazzante per il Cremlino che, seppure attento agli umori della Chiesa ortodossa e della sua massima autorità, ci tiene sempre a sottolineare la divisione tra Stato laico e Chiesa.

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