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Il 4 dicembre scorso, a metà pomeriggio, la Commissione Cultura della Camera dei Deputati ha licenziato una nuova legge che, da molti punti di vista, si può considerare storica. E’ la legge che introduce un compenso equo a giornaliste/i, per il loro lavoro.
Il voto è stato unanime, 29 sì su 29 presenti.
La proposta era sempre stata bipartisan, con diverse sfumature. Fra i maggiori sostenitori, i deputati Udc Enzo Carra, Fabio Granata di Fli, Silvano Moffa del Pdl e Andrea Sarubbi del Pd.
La legge non è, ovviamente, per tutte/i coloro che già dispongono di un contratto, a lungo o medio termine che sia.
Anche se si chiama equo compenso per i giornalisti, va inteso come equo compenso per le/i precarie/i fra chi opera nel mondo della comunicazione. E cioè per coloro che non dispongono di alcuna tutela contrattuale e che, in forza di ciò, sono in balìa delle decisioni, e spesso degli umori soggettivi, di editori, direttori, capiredattori, capiservizio (e, a volte, anche di colleghi poco solidali).
Perciò, è tanto più importante.
Trionfali (persino un po’ troppo) i commenti dai politici presenti all’evento.
Una che sicuramente si merita il ringraziamento generale è la presidente della commissione, Manuela Ghizzoni, Pd, per essersi molto spesa, accelerando i tempi con l’avere ottenuto che si votasse in sede legislativa, imponendo tempi rapidi e senza “condizioni” – poiché questo avrebbe richiesto una modifica al testo trasmesso dal Senato – ai pareri obbligati delle altre commissioni competenti.
Ha detto Ghizzoni: “È una legge necessaria che, se applicata, può evitare lo sfruttamento dei lavoratori precari e freelance che contribuiscono a garantire il diritto costituzionale all’informazione. Solo un compenso equo e congruo – ha sottolineato Ghizzoni – può garantire la libertà di un giornalista, altrimenti vessato da trattamenti economici libero-professionali inidonei ad assicurare il rispetto della dignità del lavoratore. Il testo approvato – spiega la presidente della Commissione – introduce, inoltre, una norma che richiede la trasmissione alle Camere, da parte del Presidente del Consiglio, di una relazione annuale sullo stato di attuazione della legge. Sarà con l’atto di verifica del funzionamento delle leggi deliberate che il Legislatore avrà svolto il suo compito”.
La capogruppo del Pd in commissione, Maria Coscia, ha evidenziato come ””approvando all”unanimità queste norme, il parlamento ha dato un messaggio chiaro: la precarietà deve essere combattuta per dare dignità ai lavoratori. E” un
segnale molto importante che auspichiamo possa essere recuperato anche in altri settori della nostra economia””.
“Non si puo” professarsi a favore dei giovani e del lavoro e poi dichiararsi contrari a stabilire una misura minima di compenso per i giornalisti: per questo anche la Lega Nord ha votato a favore, e con convinzione, per portare al traguardo un provvedimento che ha avuto un iter lungo”, ha dichiarato la capogruppo Lega Nord in commissione, Paola Goisis.
Il contenuto della legge
Per equo compenso, la legge intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione, nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria.
L’articolo 2 d prescrive l’istituzione, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, della Commissione per la valutazione dell’equo compenso. La Commissione – che dura in carica 3 anni – è istituita presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dei ministri, che provvede al suo funzionamento con le risorse di cui dispone. La commissione è composta di 7 membri ed è presieduta dal Sottosegretario all’editoria. La Commissione definisce il compenso equo entro due mesi dal suo insediamento, valutate le prassi retributive. Nello stesso termine, la Commissione deve redigere un elenco, costantemente aggiornato, dei quotidiani, dei periodici, anche telematici, delle agenzie di stampa e delle emittenti radiotelevisive che garantiscono il rispetto di un equo compenso, dandone adeguata pubblicità.
Secondo l’articolo 3 della legge, a decorrere dal 1 gennaio 2013, la mancata iscrizione in tale elenco per un periodo superiore a sei mesi comporta la “decadenza dall’accesso” ai contributi in favore dell’editoria. L’articolo 4 dispone la presentazione alle Camere di una relazione annuale sull’attuazione della legge.
Prime conclusioni
Sarà proprio il controllo esercitato dal parlamento a impedire che alcuni (o tanti) furbetti stravolgano l’impegno preso con la legge. Sia verificando che davvero chi non l’applica non abbia accesso ai contributi pubblici, sia anche tenendo d’occhio il mondo editoriale della serie A, le testate che non chiedono finanziamenti pubblici diretti ma ugualmente fingono di non sapere che il lavoro va retribuito in base al suo valore. Un suggerimento al legislatore potrebbe essere proprio questo: perché non prevedere che anche l”accesso alla cassa integrazione (che è in fondo una forma di finanziamento pubblico indiretto) sia vincolato all”applicazione dell”equo compenso?
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