Decine di corpi stesi uno vicino all”altro, chiusi nei sacchi blu della polizia mortuaria. È finita lì dentro la speranza di una vita degna che aveva spinto quegli uomini e quelle donne a sfidare il mare stipati dentro un barcone. È finito lì dentro il futuro dei bambini ripescati esanimi nel grande mediterraneo.
Sono tanti, troppi. La loro vista ci toglie il fiato. È una strage, la strage degli innocenti che si consuma ogni giorno da anni, ma che così tutta insieme non avevamo mai visto. adesso non possiamo fare finta che non ci sia, che non ci riguardi, che non sia una tragedia loro e nostra. Oggi davanti a questi morti, e agli altri che mano a mano si aggiungono, Lampedusa attraverso la sua sindaca Giusy Nicolini dice “anche noi siamo Italia” e l”Italia attraverso il ministro Alfano ricorda che le nostre frontiere sono le frontiere dell”Europa e che anch”essa deve fare la sua parte.
l”Italia ha proclamato per oggi una giornata di lutto nazionale. Ma il lutto avremmo dovuto proclamarlo molto tempo fa, quando cominciarono i primi morti della speranza. Da allora sono 20 mila la vite finite nel profondo blu del Mediterraneo. Qualcuno ha trovato una tomba nel piccolo cimitero dei senza nome di Lampedusa, la maggior parte è rimasta nel cimitero liquido, insieme ai pesci.
Il lutto dovevamo metterlo quando una legge trasformò i migranti in delinquenti e fece della solidarietà un reato.
Oggi è tardi. Oggi – come ha detto papa Francesco – è il giorno del pianto. Ma oggi è anche il momento del cambiamento.