Il tempo è scaduto: time’s up. E’ scaduto per le molestie sessuali sul posto di lavoro, per le discriminazioni, per la disparità di trattamento economico tra uomini e donne, per i sessismi.
La consigliera di parità regionale e nazionale supplente Serenella Molendini chiama a raccolta tutti gli ordini professionali, i sindacati, il Garante regionale, i CUG di enti pubblici e università, le associazioni professionali per dire “basta” alle molestie sessuali sul posto di lavoro e a ciò che rappresentano. Presenta un manifesto sottoscritto da 50 soggetti di diritto pubblico e privato, tra cui Giulia Puglia, per esprimere solidarietà verso chi è stata molestata sul luogo di lavoro o peggio ha subito violenza, per invitare tutte le donne a denunciare, sapendo di avere dalla loro una ufficiale pubblica – è tale la figura della consigliera di parità – che agisce d’ufficio di fronte alla denuncia di una discriminazione sessuale.
E tali sono le molestie. Il manifesto che è stato presentato oggi presso l’Ordine degli avvocati di Bari, fornisce una serie di dati per inquadrare il fenomeno in Italia: sono un milione 404 mila le donne che in Italia hanno subito molestie o ricatti sessuali nella loro vita lavorativa o da parte di un collega o da parte del datore di lavoro. Sono 425 mila le donne che hanno subito tali discriminazioni tra il 2013 e il 2016 (fonte: Istat). Soprattutto giovani donne, più istruite e spesso separate. E, naturalmente, sono uomini i molestatori.
Le molestie sessuali, infatti, non sono un gioco di seduzione accettato da entrambe le parti, ma sono discriminazioni di genere, “ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale e non verbale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice (o di un lavoratore) e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo”(dal Codice Pari Opportunità Dlgs.198/2006 e successive integrazioni art. 26 comma 2bis). Le molestie sessuali fanno parte di quel sistema patriarcale che ha sempre mercificato ed usato il corpo delle donne.
Col manifesto di oggi le firmatarie vogliono:
– “chiedere alle donne di denunciare, promettendo loro che non verranno più lasciate sole e troveranno, nelle OO.SS. e negli Organismi istituzionali di parità che sono presidio contro le discriminazioni, ascolto e, nel caso dell’Ufficio delle Consigliere di Parità, anche tutela gratuita;
– sollecitare Confindustria e tutte le Associazioni datoriali a firmare ed attuare il Protocollo d’Intesa firmato a livello Nazionale nel gennaio 2016 tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria che recepisce l’Accordo Quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro raggiunto il 26 aprile del 2007 dalle rispettive rappresentanze a livello europeo Businesseurope, CEEP, UEAPME e ETUC. In coerenza con i principi enunciati nell’Accordo Quadro, l’intesa riafferma che le molestie o la violenza nei luoghi di lavoro sono inaccettabili e vanno denunciate, sottolineando che le imprese e i lavoratori hanno il dovere di collaborare al mantenimento di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali;
– sollecitare la Regione Puglia a dare continuità e attuazione alla Legge Regionale n°8/2014 “Norme per la sicurezza, la qualità̀e il benessere sul lavoro”;
– chiedere a tutti i politici che siederanno in Parlamento e a chi oggi siede nel Consiglio Regionale e nei Consigli Comunali e Provinciali;
– dare finalmente corso ad una grande svolta culturale in questo Paese che continua a perpetrare processi di esclusione nei confronti delle donne e che rende “sistema” le discriminazioni in tutti gli ambiti, da quelli economici a quelli sociali a quelli politici;
– rafforzare gli Organismi di Parità nelle loro funzioni al fine di garantire benessere e dignità alle lavoratrici e ai lavoratori nei luoghi di lavoro. Perché ciò sia possibile è necessario soprattutto che i datori di lavoro accolgano le richieste che gli stessi Organismi fanno con assunzione di responsabilità da parte di tutte le rappresentanze;
– dotare gli Uffici delle Consigliere di Parità, ai vari livelli, di fondi adeguati per la tutela gratuita antidiscriminatoria così come previsto dal Codice Pari Opportunità (Dlgs. 198/2006 e successive modifiche), ripristinando il finanziamento da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali al fine di poter essere più autonome nei confronti di Regioni e Comuni che spesso pongono in essere atti discriminatori.