Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 gennaio-10 gennaio) | Giulia
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Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 gennaio-10 gennaio)

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante sono le donne a scrivere del mondo. GiULiA prosegue con il suo "osservatorio" sui giornali, in ottica di genere. [di Paola Rizzi]

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 gennaio-10 gennaio)
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Paola Rizzi Modifica articolo

11 Gennaio 2021 - 10.07


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Nel 2018 il Financial Times ha introdotto un programma di analisi She said he said, per calcolare quante volte nel giornale si dava voce a pareri e opinioni maschili o femminili, dopo aver lanciato il JanetBot project che conta le foto di donne e di uomini, consapevole dello squilibrio tutto al maschile. Obiettivo simile quello del software Prognosis shamebot, che monitora le notizie dei siti dei principali giornali scandinavi. Forse l’intelligenza artificiale ci potrebbe far comodo, in mancanza di altro, visti i risultati del monitoraggio dei nostri quotidiani. Ma veniamo ai dati

Settimana dal 4 al 10 gennaio:Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Manifesto, Avvenire più uno sguardo sul web

Firme in prima pagina: 593 uomini/ 166 donne

Editoriali in prima pagina: 96 uomini/ 29 donne

Interviste: 117 uomini/ 46 donne

Grandi ritorni: Nancy Pelosi e Letizia Moratti

Abbiamo scelto per la foto di questa rassegna Nancy Pelosi, la dem rieletta martedì a 80 anni speaker della Camera per la quarta volta, icona della resistenza del Congresso all’inquietante e grottesco assalto a Capitol Hill, una che al machista Trump ha sempre fatto una educata ma grintosa guerra senza quartiere e ora preme per l’impeachment di TheDonald. L’altro volto femminile dei fatti di Capitol Hill Ashil Babbit, veterana dell’Afghanistan e seguace di QAnon, uccisa dagli agenti durante gli scontri.

Pelosi non si può dire una new entry, come del resto non lo è Letizia Moratti, neo assessora al welfare della regione Lombardia e vicepresidente della giunta, al posto dell’imbarazzante, per la maggioranza di centrodestra, Giulio Gallera. Moratti ha cominciato a parlare il 5 gennaio in una lunga intervista di Elisabetta Soglio sul Corriere sul suo ruolo di finanziatrice a San Patrignano, onda lunga del dibattito che la serie Netflix SanPa ha creato nel Paese. Poi il direttore del Giornale Alessandro Sallusti il 6 gennaio, giorno in cui si è ufficializzata la sua candidatura per la Lombardia, ci spiega i suoi pregi, tra i quali il fatto che la «Moratti è lontana dallo stereotipo della femminista in carriera». Di parere opposto il primo presidente della Regione Lombardia Piero Bassetti, intervistato sempre sul Giornale che spiega che per lui è inadatta: «Non so se prevalgono le competenze specifiche a san Patrignano, come sindaco o come assicuratore. C’è da dire che i problemi della sanità li trattano meglio le donne perché seguono più logiche di cura che di potere». Nel 90 per cento dei casi i suoi incarichi sono declinati al maschile, anche nei numerosi pezzi comparsi nella stampa non amica per parlare dei suoi guai giudiziari e dei conflitti di interesse. Ritorna in auge l’epiteto “Lady di ferro”. In questa rassegna non guardiamo le pagine locali, ma ci è caduto l’occhio su un pezzo nella cronaca di Repubblica del 10 gennaio,di Andrea Montanari, sull’insediamento della nuova giunta dove, dopo aver appreso che l’assessora Melania Rizzoli «calza un paio di scarpe tacco dodici con una grande fibbia e mascherina in tinta» e la collega Claudia Terzi «una maglietta di raso molto scollata color blu elettrico sotto una giacca nera» veniamo informati che la Moratti si presenta con un «look nuovo». «Capelli meno cotonati di quando era sindaca e con dei riflessi biondi. Indossa una elegante giacca a quadretti su una camicia di seta grigia con un fiocco annodato sul collo». Look dei colleghi di giunta non pervenuto. Peccato.

Sul fronte politico l’altro elemento è l’estenuante crisi di governo che vede con la valigia in mano soprattutto le ministre, «un problema non da poco», come sottolinea Annalisa Cuzzocrea su Repubblica e a cui dedica un editoriale Maria Latella sul Messaggero. In proposito ha fatto abbastanza discutere un appello della filosofa Luisa Muraro, ripreso da alcuni giornali che ha invitato le ministre di Italia Viva Elena Bonetti e Teresa Bellanova ad avere maggior autonomia: «Non lasciate che sia Renzi a parlare per voi. Date il vostro contributo, lo sapete fare. Vi chiediamo una prova della vostra indipendenza dalla politica che mira al potere . Mirate alla libertà femminile e al bene comune». Loro si sono adombrate, scrivendo una lettera alla Muraro nella quale, tra le altre cose, si chiedono: «Perché le donne, alla prova degli eventi e dei fatti, sono obbligate a dare ragione della loro autonomia di giudizio rispetto agli uomini mentre agli uomini mai, neppure dalle donne, questo è richiesto?».

Chiudiamo questo capitolo politico con due ritratti: quello di Francesca de Benedetti su Domani della premier scozzese Nicola Sturgeon, donna empatica, posata, molto ferma e informata. Indipendentista e europeista convinta, sostiene politiche progressiste e si definisce femminista. In Scozia l’università è gratuita, così come le ricette mediche e gli assorbenti. L’altro è l’intervista di Gianni Tarquini sul Manifesto a Sabina Orellana, indigena e neo ministra boliviana delle Culture. Su di lei si appuntano le speranze dei popoli originari di poter riscattare secoli di emarginazione e poter incidere con la propria visione. Ma lei parla anche di decolonizzazione come superamento delle modalità gerarchiche e patriarcali anche nella vita quotidiana.

 

Buone notizie

Sul Corriere Francesca Basso racconta di come la società degli economisti cambia nome e diventa società di economia (31% dei soci sono donne).

Sul Messaggero la buona notizia della Spagna che porta a 16 settimane per entrambi i genitori il congedo di maternità e paternità e retribuito al 100 per cento; Italia, Francia e Olanda fanalini di coda dell’Europa.

IlPost il 6 gennaio dà come seconda notizia che la Tailandia si avvia a riconoscere il diritto all’aborto, mentre il giorno prima aveva fatto un lungo pezzo sul fatto che la Corea del Sud è senza legge, essendo stata abolita una norma restrittiva e non ancora approvata una nuova.

 

Cattive notizie

Sul Corriere del 7 gennaio Candida Morvillo parla del libro Covid segreto del sottosegretario alla Sanità Pierpaolo Sileri e Alessandro Cecchi Paone nel quale tra l’altro si accusa il Cts (comitato Tecnico scientifico) di essere un «centro di potere romanocentrico e maschilista» e che Sileri propose una sua collaboratrice che venne cacciata, pare, in quanto donna.

Su Avvenire un’analisi di Laura Zanfrini dal titolo «Per le donne l’immigrazione non è ancora emancipazione» ci ricorda la condizione delle donne immigrate costrette nel lavoro domestico e di cura anche per ragioni culturali dei paesi di provenienza, non solo badanti ma anche moglie arrivate con il ricongiungimento familiare e di fatto escluse dal mondo del lavoro.

Sulla Stampa del 10 gennaio in un’intervista Maria Carla Gatto, presidente tribunale dei minori, dopo le risse ricorrenti nelle piazze d’Italia fa il punto sui giovani dimenticati e sempre più arrabbiati, senza scuola, sport e amici.

 

Cose che non ci sono piaciute

Il 4 gennaio un po’ tutti hanno parlato di Greta Thunberg che ha compiuto 18 anni e come regalo ha voluto un faro per la bicicletta. Sul Giornale lo scrittore Massimiliano  Parente sotto il titolo: “I tristi 18 anni di Greta: niente vestiti ma fari per bici” la paragona alla «versione cresciuta di Chucky la bambola assassina che invece di un dottorato ha l’asperger e questo l’autorizza ad essere intoccabile». «Inoltre è femmina e se criticate Greta e siete maschi state pure facendi mansplaining e siete sessiti. L’hanno studiata bene prima di metterla sul mercato».

Un altro tema ripreso da tutti i giornali è stata la notizia che dopo la proiezione di Grease sulla Bbc si è ribellata la generazione Z sommergendo Twitter di critiche del fim definito sessista, omofobo e persino rapey, ovvero che inciterebbe allo stupro. Abbiamo dovuto leggere l’articolo di Marina Nasi su Gli Stati Generali, intitolato «No, Grease non è sotto attacco è il giornalismo italiano che fa schifo» per scoprire che il caso esiste solo per i giornali italiani e che i giornali britannici non ne hanno nemmeno parlato perché semplicemente la generazione Z non si è ribellata. Però è stata l’occasione per molti sulla stampa nostrana di ridicolizzare il politically correct.

 

Storie

Sul Corriere la vicenda pazzesca dell’Itavia, la compagnia area fallita dopo la revoca della concessione seguita alla strage di Ustica, risarcita pochi mesi fa dallo Stato con 330milioni di euro. Ora le figlie del patron Itavia Aldo Davanzali, deceduto, ripartono con un’altra compagnia aerea, la Karos Air, in piena pandemia: ne parla Luisa Davanzali.

Su Repubblica nelle pagine culturali la storia di Catalina de Erauso, giovane basca destinata al convento nel XXVII secolo, fuggita in America per diventare militare, assassina confessa di almeno dieci uomini, ludopatica, vergine, omosessuale.

Abbiamo scoperto l’espressione “Lupara rosa” con la terribile storia, di cui hanno parlato tutti i giornali, di Maria Chindamo, eliminata nel 2016 dalla ‘ndrangheta in Calabria per non aver voluto cedere un terreno a un vicino affiliato alla cosca di zona. Questo almeno quello che dice un pentito indeciso sul metodo usato per ucciderla: straziata da un trattore o data in pasto ai maiali. Maddalena Oliva del Fatto Quotidiano ha intervistato la figlia che vuole fare la magistrata e parla della madre come di una donna libera e per questo anomala nella sua terra.

Una vicenda tragica che ha preso una piega felice: sarà la 19enne trentina Bea Zott a curare le capre di Agitu Gudeta, l’imprenditrice etiope uccisa da un suo dipendente. Lo racconta il Corriere.

Infine una notizia che ci ha fatto ridere: sul Corriere il servizio di Sara Gandolfi racconta della scultura Diva dell’artista brasilana Juliane Notari, una colossale vagina rossa scavata nella terra che ha fatto arrabbiare molto il premier Bolsonaro, noto per le sue posizioni maschiliste.

 

Cosa ci siamo persi

Tra i consueti paginoni sul meglio e il peggio del 2020 il blog noialtre segnala che sulla Stampa del 30 dicembre si elencano i 13 addii illustri del 2020, tutti uomini. Dimenticandosi per esempio Franca Valeri, Juliette Greco, Rossana Rossanda, eccetera eccetera.

Sempre per la serie classifiche di fine anno il Corriere ha stilato quella delle 110 donne dell’anno, dove compaiono alcune moglie di, figlia di, fidanzate di, mamma di e una confusione variabile con la declinazione delle cariche, tipo primo ministro, avvocato, prefetto, alternati a ministra. Al solito. 

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