Sono passati 40 anni dal mio incontro con il Femminismo.
Dopo i giorni dell’ira quelli della presa di coscienza poiché sapersi soggetto in un mondo che ti aveva sempre cancellata fu la scoperta più travolgente, più intrigante e definitiva, non più inglobata in un maschile totalitario ma libera finalmente dalle strettoie di un sesso secondo.
Non più utopia che cresce nella negazione ma realtà che occupa spazi e territori sconosciuti, in cui esisti per te, con le altre, per andare oltre.
In agguato, da subito, l’omologazione ad un mondo maschile che pretendeva di impedire l’accadimento principe: esistere non più perché riconosciuta dall’altro ma per sé così da cambiare anche la nostra vita e con la nostra quella di tutti.
Omologazione: alibi feroce poiché amiamo il nostro nemico e non abbiamo saputo impedire che si consumasse quello che io chiamo “FEMMINISTICIDIO”.
Anche da parte di alcune donne (troppe?) perché troppo succube e troppo dipendenti.
Continuare a delegare la nostra libertà all’altro permettendogli di “riconoscerci” è stato l’errore più grande.
Potevamo essere noi donne, con le nostre istanze di cambiamento, l’ago della bilancia anche di questa situazione italiana invece mai e poi mai abbiamo capito che prendersi in mano significava unirsi in una forza che avrebbe finalmente contrastato questo pernicioso patriarcato che sembra morente ma che morde più di prima.
Di là Moebius passeggia sornione con il suo libro “L’inferiorità mentale della donna” mentre sulla terra si alternano, senza soluzione di continuità, “padri-padroni”.
Avverto tutto questo nei consessi separatisti degli uomini – perché tali sono – sia nelle chiese, sia nei parlamenti e ancora in troppe case.
Le donne sono l’alibi, ormai usurato, per le loro eterne presenze che hanno potere e che quindi davvero contano.
Ma non tutte le speranze sono finite e tutto non è perduto: abbiamo arato e seminato e certamente qualcosa sta germogliando.
Piccoli accenni, anche nelle piazze piene di “basta”, ma con una “controrivoluzione” sempre in agguato.
Io non mi illudo: la strada è tutta in salita perché 40 anni contro 4 secoli sono troppo pochi ma se sapremo camminare insieme, senza divisioni, forse riusciremo a contare nel mondo, dato che il mondo è tutto “nato di donna”.
Si diceva: “il corpo è mio e me lo gestisco io”; oggi dovremmo ripeterlo con l’aggiunta di un aggettivo qualificativo: “IL CORPO POLITICO E’ MIO E ME LO GESTISCO IO”.