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La nuova voce del rap è donna e afghana

Nelle canzoni di Soosan Firooz, ventitreenne rapper di Kabul, storie di profughi e oppressioni al femminile. Di [Belinda Malaspina]

La nuova voce del rap è donna e afghana
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10 Gennaio 2013 - 13.17


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Il suo video su Youtube conta già decine di migliaia di visitatori: è donna, afghana, giovane, non porta il velo e canta canzoni che parlano di oppressione. Si chiama Soosan Firooz ed è la nuova promessa del rap internazionale. La musica in Afghanistan è merce rara, e ancor di più lo è una giovane donna che osi sfidare le autorità islamiche e i talebani che ancora controllano molte parti del Paese, per lanciarsi in un mondo in cui al posto del velo c”è la catena con teschio d”ordinanza e al posto del silenzio c”è la denuncia. «Le mie canzoni», dichiara, «evocano le sofferenze delle donne afghane e le atrocità inflitte dalla guerra».

La storia di Soosan comincia in modo simile a quello di molte altre ragazze afghane, con la fuga da proprio Paese negli anni Novanta e il ritorno nel 2001 con la caduta del regime talebano, dopo un lungo esilio in Iran e poi in Pakistan. Ma l”epilogo, in un Afghanistan che ha stuprato e ucciso le sue figlie, è più confortante: con il sostegno dei genitori Soosan intraprende prima la carriera di attrice televisiva e poi quella di rapper, interpretando i bei testi del poeta Suhrab Sirat. «I nostri bambini sono stati violati, i più istruiti mandati a lavorare sulla strada; abbiamo mangiato i nostri corpi quando avevamo fame e abbiamo bevuto le nostre lacrime quando avevamo sete», canta Soosan, la cui musica evoca un mondo a metà tra gli stilemi del rap internazionale e le suggestioni mediorientali.

Una storia bella e forte, ma che ha portato Soosan e la sua famiglia a ricevere numerose minacce di morte anche per telefono. «Ne sono stata molto preoccupata», ammette la giovane rapper ai microfoni della Nbc. «Ma non intendo chiudermi in casa e cedere alle pressioni. L”Afghanistan», conclude, «non è solo una pericolosa giungla, è anche un posto dove vivono delle persone: e sono più coraggiose che in molte altre parti del mondo».

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