Toglimi le mani di dosso | Giulia
Top

Toglimi le mani di dosso

Una giornalista freelance racconta in un libro i ricatti sessuali ricevuti.

Toglimi le mani di dosso
Preroll

Redazione Modifica articolo

12 Settembre 2015 - 15.56


ATF

Olga Ricci è lo pseudonimo di una giornalista trentenne italiana che oggi lavora come freelance per varie testate nazionali. Olga ha ricevuto avance e ricatti sessuali per mesi, in attesa di un contratto sempre promesso. Per non perdere il lavoro, ha cercato di resistere come ha potuto.
La sua storia, che è anche quella di tante donne che magari decidono di tenersi tutto dentro, è diventata prima un blog, “Il porco al lavoro”, ed ora un libro edito da Chiarelettere.

Toglimi le mani di dosso“, così si intitola, si conclude con un decalogo contro le molestie sul posto di lavoro a cura di Rosa Maria Amorevole, nostra collega di GiULiA Emilia-Romagna, esperta in materia di lavoro e contrasto alle discriminazioni e consigliera di Parità per l’Emilia Romagna.

Rosa Amorevole ha scritto per il nostro sito questa riflessione:

Di Olga Ricci conosco solo come scrive e che per farlo utilizza uno pseudonimo per timore di essere riconosciuta. Il suo libro è di pregevole fattura: riesce ad esprimere molto bene la rabbia della protagonista, nata dalla presa di coscienza che nel suo lavoro – per andare avanti – occorra essere disponibile ai ricatti sessuali di capi e capetti.
E questo trattamento non pare essere destinato solo a lei, perché anche le altre in redazione (quelle che non hanno conoscenze importanti) hanno provato o proveranno analoga esperienza. Ma la convinzione che “i compromessi intaccano la dignità” fa scattare in Olga la necessità di opporsi a questo destino ineluttabile, tanto da lasciare quel cattivo ambiente di lavoro.

Ne uscirà da combattente, approfondendo prima cosa le sia successo, dando l’esatto nome a quello stato di malessere: violenza sul lavoro. Capirà così quanto sia importante promuovere un confronto collettivo tra donne che hanno vissuto analoghe esperienze per reagire.

Mi auguro che la storia di Olga possa essere letta da molte donne e da molti uomini, e che si parli di molestie e di violenza sul lavoro. Non farlo riflette la paura della propria inadeguatezza ad affrontare tali problemi o il timore di essere accusati di esserne artefici.
Invito Olga a non mostrare mai sua vera identità, a non perimetrare il suo “lavoro cattivo”. Così facendo permetterà a molte donne, che nelle stesse condizioni si sono trovate, di confrontarsi e di ricercare soluzioni comuni.

Native

Articoli correlati