Basta con le informazioni irrilevanti quando si dà la notizia di una violenza sessuale.
I media non devono diffondere informazioni che possono rendere identificabile, anche in via indiretta, una vittima di violenza sessuale. La pubblicazione di tali informazioni è contraria alla normativa sulla protezione dei dati personali e al codice penale, che accordano una particolare tutela alle vittime di questo tipo di reati.
I principi, contenuti nella Carta di Venezia ma anche nelle regole deontologiche della professione giornalistica, sono stati ribaditi dal garante per la protezione dei dati personali, che ha vietato ad alcune testate a carattere nazionale, anche televisive, ogni ulteriore diffusione di informazioni in grado di rendere identificabile, sia pure indirettamente, la vittima di una violenza sessuale avvenuta nel mese di luglio in una città dell’Emilia-Romagna. La misura riguarda anche la pubblicazione on line e l’archivio storico e si estende ad altri articoli e video eventualmente presenti in siti web delle medesime testate.
Articoli pubblicati on line e servizi televisivi diffusi anche nei tg riportavano, infatti, una molteplicità di dettagli tra i quali la nazionalità della donna, le foto, le riprese e la denominazione dell’esercizio commerciale dove lavorava e dove è avvenuta la violenza. La decisione dell’Autorità segue un primo provvedimento di “blocco” disposto in via d’urgenza a luglio.
Nel disporre il divieto il garante ha ritenuto che – come prevedeva il codice e tuttora dispone il nuovo testo introdotto dal decreto legislativo 101/2018 – in caso di diffusione o di comunicazione di dati personali a fini giornalistici restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti e delle libertà delle persone e, nello specifico, il limite dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Limite che deve essere interpretato con particolare rigore in caso di notizie che riguardano vittime di violenza sessuale alle quali l’ordinamento accorda, anche in sede penale, una particolare forma di tutela. La diffusione di informazioni che rendono identificabile la vittima risulta in contrasto anche con le esigenze di tutela della dignità della persona offesa, riconosciuta dal codice deontologico dei giornalisti.
Il garante ha ricordato, inoltre, che in caso di inosservanza del divieto, il titolare del trattamento, in questo caso l’editore, può incorrere anche nelle nuove sanzioni amministrative introdotte dal regolamento europeo. Copia del provvedimento è stata inviata al consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti per l’inoltro ai rispettivi consigli regionali interessati per le valutazioni di competenza.