[di Silvia Garambois]
Le donne costano. Eccome se costano, e soprattutto: eccome se vengono tassate. Una coppa mestruale ha l’Iva al 22% come una coppa di champagne. Perché di questo stiamo parlando: il governo che odia le donne, che le vorrebbe condannate a non separarsi neppure dai mariti violenti (come fa il disegno di legge Pillon, spada di Damocle che continua a ondeggiare), che le vorrebbe chiuse in casa nei lavori di cura (invece di preoccuparsi di creare servizi per la famiglia), usa il ricatto economico su tutto. Persino sugli assorbenti igienici.
Secondo un calcolo recente in Italia si vendono 144 milioni di confezioni di assorbenti, 48 milioni di confezioni di proteggislip e 9 milioni di confezioni di tamponi, per un giro d’affari totale di 460 milioni di euro. L’Iva, quindi, pesa per 83milioni di euro: se venisse abbassata al 4% resterebbero nelle tasche delle italiane 70 milioni di euro… E, come dicevano le donne americane nella loro battaglia: “Chi non pensa che la tassa sui tamponi sia un problema o non è una donna o non è mai stato povero”.
Le mestruazioni sono – e restano – un argomento tabù: eppure ogni donna è soggetta in media a 456 cicli mestruali, ovvero 2mila280 giorni di perdite, per un totale di 6 anni e mezzo…
Da anni l’odiosa “tampon-tax” è diventata in tutto il mondo ragione di battaglia politica. Ha vinto il movimento femminista spagnolo, dopo due anni di boicottaggi dei prodotti nazionali, con la riduzione delle tasse, hanno vinto le donne in Florida dove – come in altri 14 stati americani – i tamponi non saranno più tassati, e in Scozia e in Irlanda, dove alle studentesse vengono distribuiti gratis, e in Kenya e in Australia… In Italia, no.
In Italia è da lungo tempo che le associazioni di donne chiedono di abbassare le tasse su quello che non solo è un dispositivo sanitario, ma senz’altro anche un bene essenziale nella vita sociale: persino i rasoi per la barba compaiono nella celebrata “tabella A”, dove sono elencati i generi di prima necessità. A proposito di discriminazioni.
Ma il “caso” è esploso di fronte al paradosso della scoperta che nell’ultima legge di bilancio uno sgravio era stato effettivamente inserito: il dimezzamento dell’Iva sul tartufo, vecchia battaglia di un parlamentare leghista. Quando è troppo, è troppo.
Ora è stata presentata alla Camera (prima firmataria la deputata Enza Bruno Bossio, protagonista di molte battaglie femministe in Calabria) una legge di poche righe, due articoli, per inserire i “prodotti sanitari o igienici femminili, tamponi interni, assorbenti esterni, coppe e spugne mestruali” nella tabella dei beni essenziali. Ormai è chiaro che si tratta di una vera e propria discriminazione di genere – ha detto Bruno Bossio -: le donne non possono nell’età fertile, che dura circa 40 anni, evitare di comprare l’assorbente”.
Non è la prima volta che una norma di questo tipo arriva sui banchi parlamentari, ma stavolta – si augura la parlamentare – dovrebbe esserci una maggioranza trasversale in Parlamento, anche i 5 Stelle se ne erano fatti carico in campagna elettorale.
Anche se, fin qui, nella legge di bilancio il tartufo è passato, gli assorbenti igienici no.